Cosa Significa Convertirsi?

Vi siete mai chiesti cosa significa convertirsi?
A cosa serve la conversione, cos'è la conversione, ci riguarda in qualche modo?

Queste sono domande troppo grandi perchè io vi possa dare una risposta soddisfacente, ma ho letto una volta che c'è sempre qualcuno che ha detto qualcosa nel migliore dei modi, perciò se non riesci a fare di meglio ruba da lui.

Allora per provare a rispondere a queste importanti domande voglio condividere la storia di una conversione tratta dalle Confessioni di Sant' Agostino.
Il mio consiglio è di leggere per intero questo libro straordinario che costituisce una testimonianza unica dell'incontro di un'anima inquieta con Dio.
Se pensate di non avere tempo o voglia di leggere le Confessioni per intero, vi prego almeno di dedicare cinque minuti a leggere questa paginetta in cui ho trascritto per voi le parti che più mi hanno colpito.

"...a quei tempi sapevo solo succhiare, acquietarmi negli appagamenti, piangere per i fastidi della mia carne e nient'altro...quali miserie Dio, Dio mio, quali inganni dovetti sperimentare, allorchè a me fanciullo veniva presentato come retto vivere l'assecondare coloro che mi spingevano a farmi bello in questo mondo e ad eccellere nelle virtuosità tese ad ottenere la stima degli uomini e false ricchezze...

E il mio peccato consisteva appunto nel fatto che non in Lui, ma nelle sue creature, cioè in me e negli altri, cercavo il piacere, la grandezza, la verità, e così sprofondavo nel dolore, nella confusione e nell'errore...cominciai ad ardere della brama di saziarmi di cose infime e mi spinsi fino a diventare come un animale selvatico dietro a svariati e bui amori.

La mia bellezza ne fu deturpata e divenni marcio ai tuoi occhi, desiderando di piacere a me e agli occhi degli uomini...la fangosa concupiscenza della carne e la voragine della pubertà esalavano le loro nebbie così che non si discernesse più la limpidezza dell'amore dalla caligine della libidine, entrambe ardevano confusamente.

Assordato dallo stridore della catena della mia mortalità, come pena per la superbia della mia anima, camminavo lontano da te e vagavo sempre più lungi da te verso le sempre più numerose sterili strade del dolore, con abbattimento nutrito di presunzione.

Tu eri sempre li, misericordioso a castigarmi, così infatti hai comandato e così è: ogni moto disordinato dell'animo è castigo a se stesso...così cospargevi di dolorose delusioni tutti i miei illeciti piaceri, affinchè cercassi il piacere che è senza delusioni.

L'anima va fornicando quando si distoglie da te e cerca fuori di te, ciò che non può trovare in modo puro e trasparente se non ritornando a te.
Tanta è la cecità degli uomini che perfino della cecità si vantano.
Ero infelice come infelice è ogni animo legato d'amicizia verso cose mortali; è straziato quando le perde, perchè in quel momento avverte lì infelicità per la quale era infelice anche prima di perderle.

Trascinavo in me la mia anima dilaniata e sanguinante, insofferente di essere trascinata da me, e non trovavo dove posarla: non trovava pace nei divertimenti, nei canti, nè in luoghi aulenti, non nei banchetti imbanditi, nè nelle voluttà del letto e del giaciglio, e neppure nei libri e nella poesia.

Tutto era diventato squallido.
Dove sarei fuggito lontano da me stesso? Dove il mio io non mi avrebbe più seguito?
...Vagavo in preda all'orgoglio, sballottato qua e là da tutti i venti, ma tu segretamente mi guidavi.

Avevo infatti le spalle rivolte contro la luce e il volto verso le cose illuminate per cui il mio stesso volto, con cui contemplavo le cose illuminate, non riceveva luce. (Queste ultime parole riassumono con estrema lucidità la condizione di inganno di moltissimi artisti e poeti)

Che vantaggio traevo io a quei tempi dall' avere un'intelligenza agile mentre però nella scienza della pietà erravo in maniera deforme?

E che svantaggio traevano i tuoi piccoli dall'avere un ingegno senz'altro più tardo, ma intanto non si allontanavano da te, al sicuro, nel nido della tua Chiesa, mettevano le piume e nutrivano le ali della carità con l'alimento della fede sana.

Il mio peccato più inguaribile era appunto che non credevo di essere peccatore.
Quanto ero infelice!
E tu facesti in modo che io percepissi la mia miseria...ed ero tanto più fragile quanto più facevo affidamento su di me.

La sapienza stà nella pietà, avevo ormai trovato la perla preziosa: avrei dovuto vendere tutto quello che avevo e comprarla, e invece esitavo.
La via, cioè il Salvatore stesso mi piaceva, ma camminare nelle sue strettoie mi pesava, ogni cosa nella mia vita terrena era vacillante e il mio cuore aveva bisogno di essere purificato dal vecchio fermento.

Le tue parole avevano ormai aderito al mio cuore e da ogni parte ero circondato da te.
La mia nuova volontà cominciava a sorgere in me, volevo sentirti e goderti o Dio, unica sicura letizia, senza desiderare nulla in cambio...ma essa non era ancora capace di scavalcare la volontà precedente, consolidata dalla lunga abitudine...

E così in me due volontà, una vecchia e una nuova, una carnale e una spirituale, si combattevano a vicenda e nel loro contrastarsi logoravano la mia anima.
Nè ormai valeva quella scusa per la quale solevo considerare che se non avevo ancora disprezzato il mondo per servire te, era per l'incertezza nella comprensione della verità; no, ormai essa mi era chiara ma ancora legato alla terra, mi rifiutavo di mettermi al tuo servizio e avevo paura di essere liberato da tutti quei miei lacci come si dovrebbe invece aver paura di esserne legati...

Le mie riflessioni su di te erano simili ai tentativi di chi vuole svegliarsi ma vinto dal sonno, risprofonda...io sapevo per certo che era meglio dedicarmi al tuo amore che cedere alla mia cupidigia.
Chi poteva liberarmi da questo corpo di morte, se non la tua grazia per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore?

Ma tu Signore sei buono e misericordioso e con la tua destra hai scandagliato le profondità della mia morte e dal fondo del mio cuore hai prosciugato l'abisso della corruzione.
Ciò avvenne quando cessai di volere tutto ciò che prima avevo voluto e cominciai a volere ciò che tu volevi.
Quanto mi apparve dolce, in un batter d' occhio, l' essere privato delle dolcezze frivole!"

Avevo infatti le spalle rivolte contro la luce e il volto verso le cose illuminate per cui il mio stesso volto, con cui contemplavo le cose illuminate, non riceveva luce.
 Foto scattata ad Anguita nell' Estate del 2002


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