Dov'è la Bellezza per cui il mondo si Salva?

 

Un mondo che contiene bellezza
 è un mondo in cui la vita è degna di essere vissuta!



Tutti conosciamo bene la famosa espressione di Dostoewskij “la bellezza salverà il mondo“, ma in che senso la bellezza salva, come ci salva? Abbiamo bisogno di essere salvati? Se si, da cosa?

Sarebbe interessante se ciascuno provasse a dare una risposta a questi interrogativi!

Qualcuno potrebbe domandarsi: “con tutti i problemi concreti che ci sono nel mondo: il coronavirus, l’immigrazione, la crisi economica e ambientale, l’iva, lo spread… che senso ha parlare di bellezza?

Eppure sono convinto della necessità urgente di parlare di bellezza, la bellezza non spiega quale sia lo scopo della vita, ma ci assicura che ne esista uno, il nostro mondo ha una gran sete di bellezza.

 

Scrive Evgenij Trubeckoj:

Dov’è la bellezza per cui il mondo si salva, qual’è la potenza medicinale della bellezza? Nella difficile lotta che conduciamo in mezzo alle tribolazioni senza numero, che la forza della bellezza sia per noi fonte di conforto e di coraggio! Affermiamo e amiamo la bellezza! In essa s’incarna il senso della vita che non perisce.

L’uomo non può restare semplicemente uomo: deve trascendersi o piombare nell’abisso. Tutto questo dà la misura della grande lotta che stiamo conducendo; si tratta di salvare l’umano nell’uomo, di salvare il senso stesso della vita umana contro il caos montante e l’assurdo“.

 

La bellezza è sempre una scoperta, un evento, un’epifania, qualcosa che accade, un incontro tra la nostra anima e il mondo. La verità che abita nell’uomo interiore è la medesima logica da cui proviene ed è retto il mondo. La risonanza tra la legge che si scopre in sé e la legge che governa il mondo, produce un’emozione profonda, un’esperienza estetica, questa è l’epifania che ci lascia intuire il legame imprescindibile tra la verità e la bellezza, il legame che unisce tutte le cose.

L’epifania rompe la visione miope del mondo e apre ad una capacità di visione ben più ampia e illuminata!

 

La contemplazione della bellezza tocca le corde più intime e più vere degli animi e porta con sé una forza trasformatrice e creatrice, una forza che attraverso la trasformazione del cuore e dello sguardo trasforma realmente anche il mondo; perciò credo nella necessità urgente di ritrovare uno sguardo contemplativo che ci permetta di vedere e di capire l’interdipendenza degli uomini e il loro comune destino.

Questa trasformazione personale interiore è il primo passo necessario per la trasformazione del mondo. Chi si è lasciato trasformare il cuore riacquista la libertà in Dio, trova la pace e la bellezza comincia ad esistere anche intorno a lui. Ciò rappresenta l’inizio di un processo.  Il rapporto con il mondo sfocia in una nuova creazione, in cui, grazie all’uomo redento, il mondo partecipa a tale redenzione. Questa liberazione trasforma tutti i rapporti.

 

Fare esperienza di autentica bellezza significa scoprire di far parte di una sorte più elevata che ci spinge ad un desiderio integrale di vita giusta e ci aiuta a riconoscere la nostra divina somiglianza, il nostro comune destino e la dignità di ogni persona. La bellezza può curare il nostro sguardo malato che non ci permette di vedere tutto come un dono offerto per scoprirci amati. La gratitudine ci porta al rispetto e alla cura verso la nostra casa comune e verso i nostri fratelli, coinquilini del mondo. In questo senso la bellezza ci salva; Custodire il creato significa custodirne la bellezza.

L’esistenza è costantemente esposta al sacro ma la facoltà di vedere dell’uomo è in declino.

Abbiamo perso lo sguardo contemplativo sul mondo, lo sguardo capace di aprire una finestra sull’eternità e di unire tutto e tutti.

La bellezza risveglia la nostra anima, la nostra vita spirituale e questo ci salva dal non senso e dal nichilismo, dall’avidità insaziabile, dalla sete di dominio e oppressione, ci salva dal materialismo e dall’affarismo quotidiano che ci toglie la gioia, ci salva dalla separazione e dalla chiusura verso gli altri in un mondo dove la logica identitaria è sempre più marcata e minacciosa. 

Tutti gli uomini si interrogano sul significato ultimo della Bellezza e possono intuire dietro la sua manifestazione un cammino privilegiato verso Dio

È necessario accompagnare l’uomo di oggi in un cammino di risalita dalla bellezza sensibile fino alla sorgente della bellezza, dalla natura alla grazia, dalla bellezza del fiore, alla bellezza del frutto cioè all’Amore.

L’amore è la bellezza per cui il mondo si salva, IL SALE DELLA TERRA che schiude la visione del Cielo dentro di noi e intorno a noi.

Un mondo che contiene bellezza è un mondo in cui la vita è degna di essere vissuta. Di fronte al dolore, all’imperfezione e alla transitorietà delle nostre affezioni e delle nostre gioie all’arte chiediamo di rassicurarci sulla sensatezza della vita in questo mondo e sulla redenzione della sofferenza. Ogni giorno, sotto i nostri occhi, si succedono delusioni, orrori e insensatezze, l’arte ci deve ricordare che la vita umana non è una beffa, una storia insulsa di nascita e decadimento.

Nella povertà del dubbio e della desolazione, dobbiamo poterci ancora aggrappare alla prospettiva della bellezza…e molto spesso le più belle opere d’arte emergono proprio dalla desolazione, accendono una luce nell’oscurità e mostrano l’amore che agisce nel mezzo della distruzione…La bellezza risveglia in noi la nostalgia di un’esistenza più perfetta. La bellezza ci ricorda che alle nostre esistenze qualcosa manca, qualcosa che non è possibile colmare con l’abbondanza materiale”. (Roger Scruton)

 

VEDERE L’UOMO CON GLI OCCHI DI DIO



Cosa significa vedere l’uomo con gli occhi di Dio, chi può pretendere di leggere il mondo e la realtà che ci circonda dal Suo punto di vista? Eppure qualche cosa sappiamo dello sguardo di Dio.

Vorrei proporvi al riguardo due importanti affreschi a confronto, “La Scuola di Atene” di Raffaello Sanzio e la “Gloria di Sant’Ignazio” di Andrea Pozzo. L’accostamento di questi due capolavori apparentemente molto diversi ci offre lo spunto per un’interessante riflessione su ciò che è prezioso agli occhi di Dio.

“La Scuola di Atene” è il celebre affresco realizzato tra il 1509 e il 1511 situato nella Stanza della Segnatura all'interno dei Palazzi Apostolici; Raffaello rappresenta i più noti filosofi e matematici dell'antichità intenti a dialogare tra loro, all'interno di un immaginario edificio classico.

L’opera costituisce sicuramente il manifesto della concezione antropocentrica del rinascimento. L'uomo domina la realtà attraverso le sue facoltà intellettive e lo sforzo razionale, ponendosi al centro dell'universo.

Tanti storici e studiosi hanno riconosciuto nel dipinto la rappresentazione delle sette arti liberali: in primo piano, da sinistra la grammatica, l'aritmetica e la musica, a destra la geometria e l’astronomia, e in cima alla scalinata la retorica e la dialettica. Sappiamo quali siano i personaggi scelti da Raffaello per identificare la molteplicità dei saperi ma vorrei soffermarmi su qualcos’altro.

Nel catino absidale della Chiesa di Sant'Ignazio a Roma, Andrea Pozzo nel 1685 rappresentata “La Gloria di S. Ignazio”; il grande Santo missionario è sostenuto e circondato da angeli osannanti ma la sua attenzione è rivolta altrove. 

Andrea Pozzo sicuramente si ispira alla composizione del dipinto “La Scuola di Atene” di Raffaello, lo schema prospettico e compositivo è in effetti molto simile, l'artista gesuita compie però una scelta sorprendente e rivoluzionaria: nelle scalinate del tempio, sostituisce i grandi sapienti della storia con i più poveri e i più umili. 

I protagonisti dell’affresco non sono più gli artisti, i filosofi e i pensatori, sono piuttosto gli appestati, i reietti, gli scartati dalla società e dal mondo, vanto, onore e gloria di Sant'Ignazio, quelli che Sant'Agostino definiva i banchieri di Dio. 

Il messaggio è potentissimo e si lega al cuore del Vangelo. Nel Salmo 117 leggiamo:

La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra angolare, ecco l’opera del Signore, una meraviglia ai nostri occhi”.

Andrea Pozzo ci consegna una catechesi dipinta, una vera e propria teofania, e ci affida un messaggio: Ciò che ci insegnano i poveri è più importante di ciò che possiamo imparare dai sapienti; la docenza degli ultimi è più grande della docenza dei dotti.

Scrive San Paolo Apostolo: “La parola della croce infatti è stoltezza per quelli cha vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l'intelligenza degli intelligenti. Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione”.

La facoltà dell'anima di conoscere il Vero, attraverso la scienza e la filosofia che abbiamo osservato nel dipinto “La Scuola di Atene” di Raffaello vieni qui rimpiazzata dallo scandalo della Croce rappresentato dai prediletti di Dio.

Raffaello dipinge le arti liberali come la via maestra per raggiungere la conoscenza e la verità, Andrea Pozzo dipinge la carità, la cura e l’amore verso i piccoli come la strada stretta verso la pienezza di Dio e verso il cielo.

La cultura non salva l'uomo! L'umanesimo occidentale non ha impedito gli orrori di Auschwitz, non erano barbari quelli che ordinarono la Shoah, ma illuministi che avevano raccolto decine di Nobel. Significative a tal proposito le parole del saggista George Steiner:

"Noi sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke la sera, che può suonare Bach e Schubert, e andare a fare la sua giornata di lavoro ad Auschwitz la mattina".


È proprio vero che la cultura dello scarto rischia di contagiare tutti noi, di rendere piccolo e chiuso il nostro cuore. Chi di noi non fa distinzione tra le persone, chi di noi non offre ai ricchi e ai potenti considerazioni speciali e sfugge spesso con fastidio e disapprovazione i poveri e i piccoli? Oh se guardassimo gli uomini con gli occhi di Dio, non solo cambieremmo il nostro sguardo ma probabilmente ribalteremmo completamente le nostre priorità e considerazioni!

Agli occhi di Dio nessuno è poco importante, anzi, ciò che abitualmente consideriamo di poco valore, ai suoi occhi è ancora più prezioso.  

Ha scritto il Beato Oscar Romero:

"Se vedessimo che è Cristo, l'uomo bisognoso, l'uomo torturato, l'uomo prigioniero, l'uomo ucciso, Lui in ogni persona umana calpestata così indegnamente lungo le nostre strade, vedremmo in questo Cristo calpestato una moneta d'oro che si raccoglie con cura e si bacia, né certo ci vergogneremmo di Lui".


Fare della propria Vita un'Opera d'Arte


Sabato 6 febbraio alle 18.30

si è tenuto l'incontro "Rappresentare il corpo".

Interviene Francesco Astiaso Garcia, pittore, fotografo e scultore, Segretario Nazionale dell'Unione Cattolica Artisti Italiani.

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