Il Segreto dell' Arte

Non potrò mai dimenticare il mio stupore quando da bambino ho visto per la prima volta la “Sagrada Familia” di Antoni Gaudì.

Crescendo ho dedicato molto tempo allo studio dell’opera del maestro spagnolo e leggendo il suo pensiero ho capito quello che avevo intuito molto tempo prima:

 

La creazione prosegue incessantemente attraverso l’uomo. Ma l’uomo non crea: scopre. Coloro che ricreano le leggi della Natura per basare su esse le loro nuove opere sono collaboratori del Creatore…l’originalità consiste nel ritorno alle origini. La Bellezza è lo splendore della Verità, senza Verità non c'è Arte." (Antonì Gaudì)


Tante volte di fronte alla bellezza di un paesaggio ho ritrovato forme, volumi e linee che mi hanno ricordato le architetture della Sagrada Familia, del “Parc Guell” o di “Casa Battlò”; in alcuni casi la somiglianza e le affinità erano così evidenti da farmi pensare che sicuramente anche Gaudì doveva essere stato lì e ne aveva tratto ispirazione per il suo lavoro.

Lo stesso Gaudì a chi gli chiedeva che cosa ispirasse le sue incredibili architetture dirà: “Vedete quest'albero vicino al mio laboratorio? È lui il mio maestro”.


Qualche hanno fa ho visitato la Cappadocia le cui peculiarità geologiche hanno fatto sì che i suoi paesaggi di tufo calcareo, subendo l’erosione per migliaia di anni, siano stati modellati dagli agenti atmosferici, acquisendo forme insolite e curiosamente stravaganti.

Indipendentemente dal fatto che Gaudì abbia visitato o tratto ispirazione dal paesaggio della Cappadocia, le sue opere risplendono della stessa verità, bellezza e autenticità dell’opera del vento scolpita nei secoli.

 

Ogni opera d’arte autentica è un de-ja-vù della natura, perché un artista copia la natura anche senza saperlo. Questo eco, questa sintonia, questa risonanza con il creato è il segreto dell’arte!

In questo post ho voluto mettere a confronto alcune foto che ho scattato alle forme naturali della Cappadocia con delle immagini delle opere di Gaudì che ho scaricato dal web; lascio a voi ogni considerazione.

 

Francesco Astiaso Garcia

















































































La Boheme

Durante la nostra permanenza a Parigi spesso ci mancavano i soldi per comprare i colori necessari per dipingere, vi garantisco che è frustrante vivere in una città come Parigi dove ogni angolo offre infiniti motivi d' ispirazione e non poter creare per impossibilità materiale.
Alcuni giorni in assenza di colori ci siamo limitati a disegnare, qualche volta abbiamo usato il caffè avanzato come fosse acquarello e i risultati devo dire non erano niente male, come si dice di necessità virtù.
Un giorno per poter guadagnare qualche soldo per comprare tele e colori abbiamo deciso di realizzare una performance nel Ponte delle Arti davanti al Louvre.
La performance è stata una bellissima esperienza di sinestesia tra le arti, mentre io suonavo e cantavo, Cristiano dipingeva accompagnato dalla musica, tutto questo in un palcoscenico sospeso sopra alla Senna rivolti verso Notredame, la Citè e i tetti di Parigi.
Vicino ai nostri piedi abbiamo lasciato un cappello azzurro e un cartello con su scritto PER LA BELLEZZA.

Cantavamo e dipingevamo per chiunque si trovasse a passare di lì durante quella fredda mattinata di dicembre, per quelli distratti che a mala pena ci degnavano di uno sguardo, per quelli che ci sorridevano e passavano oltre, per quelli che si fermavano e si mettevano a ballare, per quelli che generosi lasciavano un'offerta e per quelli che non la lasciavano.
E' stata un' esperienza fantastica!
A fine mattinata nel cappello azzurro c'erano abbastanza soldi per dipingere un'intera settimana.




Il Colore Secondo le Teorie di Kandinskij




Accordo Musicale - Tecnica Mista su Tela (Francesco Astiaso Garcia)


In generale il colore è un mezzo per influenzare direttamente l’anima:il colore è il tasto, l’occhio il martelletto, l’anima è un pianoforte con molte corde… l’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima.

Goethe diceva che la materia, in ogni suo aspetto, è “musica congelata”,

un quadro ben dipinto non è quello che ha dei valori esatti (gli immancabili valeurs dei francesi), o una distinzione quasi scientifica tra toni caldi o freddi, ma quello che ha una vita interiore.

Un buon disegno è quello in cui non si può cambiare nulla senza distruggere questa vita interiore, indipendentemente dal fatto che contraddica le regole dell’anatomia, della botanica o di un’altra scienza.

Il problema non è sapere se la forma esteriore è rispettata, ma se l’artista ha bisogno di questa forma nella sua apparenza esteriore.
Allo stesso modo non bisogna usare un colore perché esiste in natura, ma perché è necessario nel quadro.

Insomma, l’artista non solo è autorizzato, ma è obbligato ad utilizzare le forme che gli servono. Non sono necessarie l’anatomia e affini, ne il rifiuto a priori di queste scienze, ma la totale, incondizionata libertà dell’artista nella scelta dei suoi mezzi”

Fino a che punto siamo liberi di modificare queste forme e a quali colori possiamo accostarli?
La libertà arriva fin dove arriva la sensibilità dell’artista.

Sono importanti le deformazioni pittoriche come in cucina è importante l’uso dell’aceto o del limone, come in musica si compiono dissonanze.

L’artista deve essere cieco alle forme note o meno note, sordo alle teorie e ai desideri della sua epoca, deve fissare gli occhi sulla sua vita interiore, tendere l’orecchio alla necessità interiore.