Sono troppi gli artisti che smettono di dipingere per difficoltà
economiche!! Sono finiti i tempi dei grandi mecenati, oggi è molto difficile
poter vendere e guadagnare con l'arte anche quando si è dotati di un vero
talento.
Oltretutto sono molte e sostanziose le spese da dover affrontare per poter
portare avanti un lavoro artistico professionale; nella maggior parte dei casi
per vivere è necessario accettare di fare anche un altro lavoro e questo riduce
drasticamente il tempo, le energie e le motivazioni.
Tutti questi fattori determinano una selezione naturale e chi sognava di
fare arte per tutta la vita formandosi professionalmente all'Accademia delle
Belle Arti, vede le sue aspirazione e le sue ambizioni troncate sul nascere.
Quanti artisti frustati, cinici ed insoddisfatti!
È necessaria una forza d'animo grande e una caparbietà risoluta per non
cedere alle pressioni sociali ed economiche che ci spingono ad abbandonare i
propri sogni e il proprio talento! Il mondo ha bisogno di sognare e se gli
artisti i musicisti e i poeti smettono di farlo, chi potrà continuare ad
alimentare i sogni! Se è vero come disse Dostoevskij che la bellezza salverà il
mondo, salvare la bellezza è responsabilità di tutti! La vita non può ridursi
soltanto a lavorare, mangiare, dormire, pagare il mutuo.
"La grandezza dell'uomo si misura in base a quel che cerca e
all'insistenza con cui egli resta alla ricerca", affermava Martin
Heidegger, Nelson Mandela disse invece: "Un vincitore è solo un sognatore che non si è arreso".
La produzione artistica è condizionata dal mercato, dalla moda e dalle
influenze di tendenza. Questo di per sé non è un male ma spesso lo diventa lì
dove le dinamiche di mercato hanno il sopravvento sulla creatività e la
produzione originale di un'artista, cioè quando un'artista finisce per
dipingere non tanto quello che sente quanto quello che il mercato domanda.
È molto facile che il mercato con il suo entourage di galleristi, mercanti
e collezionisti, tiranneggi la produzione estetica fino al punto di considerare
arte solo quello che si vende. Con l'arte Pop negli Stati Uniti d' America si è
arrivati ad affermare che "fare arte non consiste nel dipingere un quadro
quanto nel venderlo".
Andy Wharol amava ripetere che "non
si vende tanto la qualità della carne, quanto il rumore della bistecca sulla
piastra". Dovremmo dedurne che più importante dell'arte stessa, è
tutta l'operazione di marketing che gli sta intorno.
Come dire: se aspiri alla fama come artista, non perdere tempo in Accademie
e scuole di disegno, fatti piuttosto fotografare accanto ad una celebrity e
presto sarai abbinato al sostegno dell'élite culturale globale.
Secondo voi, onestamente, quanti, tra gli artisti contemporanei super star
che vendono opere milionarie nelle più importanti case d’aste del mondo,
supererebbero l’esame d’ammissione di disegno dal vero all’Accademia delle
belle Arti?
Di che bellezza possiamo parlare quando si dichiara di voler creare
un'opera liberata dalla bellezza, se non del grido della sua assenza!
Dopo che si è cercato di afferrare l'autentica realtà
dell'opera d'arte con le regole dell'estetica ed essersi resi conto che questa
non si fa definire, allora si demanda alla galleria la dichiarazione di ciò che
è arte e di ciò che non lo è. La
galleria dovrebbe così avere la straordinaria magia di cambiare le cose in arte.
Ma come Duchamp stesso ha fatto vedere, tutto diventa relativo: un orinatoio
può stare in un museo e si può usare un Rembrandt come asse da stiro.
Recentemente ho letto un'intervista di Pierluigi Panza, autore del libro
"l'opera d'arte nell' epoca della sua riproducibilità finanziaria" in
cui afferma che il valore dell'arte contemporanea è disgiunto sia dai criteri
di valutazione applicabili ad un'opera di artigianato, sia dai criteri di
valutazione estetici che una critica fondata può attribuirgli...Per fare un
affare bisognerebbe essere un insider e telefonare a chi muove le leve: Cosa
compri il mese prossimo? ...la questione
del valore artistico di un'opera non la stiamo nemmeno sfiorando."
È vero che la novità è spesso incompresa; l'artigianato conferma la
cultura, l'arte la mette invece in discussione costringendola all'evoluzione. Solo
il vero artista è capace di dare alla gente, non quello vuole e conosce, ma
piuttosto quello che ancora non sa di volere; il nome
"Impressionismo" è nato come vezzeggiativo sprezzante di una pittura
non compresa dalla critica e dal mercato ufficiale, per fare l’esempio forse
più noto.
D'altra parte però il rischio di un eccessivo zelo nella tutela della
creatività personale è quello di separarsi dal mondo e perdere il contatto con
il pubblico destinatario delle opere d’arte. L'artista dovrebbe invece
rivolgersi a tutti, e a ciascuno offrire consolazione e speranza, deve aprire
orizzonti dove sembra che non ce ne siano più, scuotere il mondo anestetizzato
da un'indifferenza che non permette più di vedere la sofferenza degli altri.
Abbiamo urgente necessità di un'arte
capace di recuperare la missione del servizio, di un'arte che sappia tessere le
relazioni tra le persone e sappia recuperare la bellezza come una realtà
penetrata dall'amore. L'umanità
ferita è alla ricerca della bellezza, alleviarne le ferite vale più di
qualsiasi stipendio a fine mese e di ogni certezza economica; Ma se la bellezza manifesta la
realizzazione del vero e del bene, allora oggi non si può nascondere la
preoccupazione di fronte a ciò che narrano le arti contemporanee.
C'è chi fa giustamente notare che parlare di bellezza dentro un tale ambito
è più o meno come parlare di solidarietà e carità all'interno di un mondo
individualista, dove ci si preoccupa solo di sé stessi.
L'arte contemporanea annuncia la tragedia
del cuore umano quando sgancia la libertà dall'amore che è la sua essenza e
verità.
Francesco
Astiaso Garcia