I BAMBINI CI GUARDANO

 

“Lo sguardo dei bambini sul mondo:

uno sguardo puro, capace di captare tutto, uno sguardo limpido attraverso il quale possiamo individuare subito e con nitidezza il bene e il male.

GLI OCCHI DEI BAMBINI

Che cosa facciamo perché i bambini possano guardarci sorridendo e conservino uno sguardo limpido, ricco di fiducia e di speranza? Che cosa facciamo perché non venga rubata loro questa luce, perché questi occhi non vengano turbati e corrotti?”

 

Alcuni stralci delI’intervista a Papa Francesco «Cinema, sguardo di vita», di Dario Edoardo Viganò:

 

I film del neorealismo ci hanno formato il cuore e ancora possono farlo. Direi di più: quei film ci hanno insegnato a guardare la realtà con occhi nuovi: il valore universale di quel cinema è la sua attualità quale importante strumento per aiutarci a rinnovare il nostro sguardo sul mondo.

Quanta necessità abbiamo oggi d’imparare a guardare! La difficile situazione che stiamo vivendo, segnata a fondo dalla pandemia, genera preoccupazione, paura, sconforto: per questo servono occhi capaci di fendere il buio della notte, di alzare lo sguardo oltre il muro per scrutare l’orizzonte.

Oggi è tanto importante una catechesi dello sguardo, una pedagogia per i nostri occhi spesso incapaci di contemplare in mezzo all’oscurità la “grande luce” (Is 9,1) che Gesù viene a portare. Una mistica del nostro tempo, Simone Weil, scrive: «La compassione e la gratitudine discendono da Dio, e quando vengono donate attraverso uno sguardo, Dio è presente nel punto in cui gli sguardi s’ incontrano». Ecco perché la riflessione sullo sguardo apre alla trascendenza. Come sarebbe bello riscoprire attraverso il cinema l’importanza dell’educazione allo sguardo puro. Proprio come ha fatto il neorealismo.

 

Quello neorealista è uno sguardo che provoca la coscienza. I bambini ci guardano è un film del 1943 di Vittorio De Sica che amo citare spesso perché è molto bello e ricco di significati. In tanti film lo sguardo neorealista è stato lo sguardo dei bambini sul mondo: uno sguardo puro, capace di captare tutto, uno sguardo limpido attraverso il quale possiamo individuare subito e con nitidezza il bene e il male. Ricordo le parole del mio fratello Hieronymos, arcivescovo ortodosso di Atene e di tutta la Grecia, a proposito di una delle realtà più dure del nostro tempo: «Chi vede gli occhi dei bambini che incontriamo nei campi profughi è in grado di riconoscere immediatamente, nella sua interezza, la “bancarotta” dell’umanità» ( Discorso nel Campo profughi di Moria, Lesbos, 16 aprile 2016).

In molte occasioni e in tanti Paesi diversi, i miei occhi hanno incontrato quelli dei bambini, poveri e ricchi, sani e malati, gioiosi e sofferenti. Essere guardati dagli occhi dei bambini è un’esperienza che tutti conosciamo, che ci tocca fino in fondo al cuore e che ci obbliga anche a un esame di coscienza. Il cinema neorealista ha universalizzato questo sguardo dei bambini: il loro sguardo, che è molto di più di un semplice punto di vista, ci interroga tanto più oggi che la pandemia sembra moltiplicare le bancherotte dell’umanità.

Che cosa facciamo perché i bambini possano guardarci sorridendo e conservino uno sguardo limpido, ricco di fiducia e di speranza? Che cosa facciamo perché non venga rubata loro questa luce, perché questi occhi non vengano turbati e corrotti?

 

Guardare non è vedere…Vedere è un atto che si compie solo con gli occhi, per guardare occorrono gli occhi e il cuore… È la qualità dello sguardo a fare la differenza…La capacità di acquisire uno sguardo che sa mettere in relazione è, dunque, la chiave per una comunicazione autentica e lo è tanto più in questa stagione difficile della pandemia, in cui il contatto virtuale predomina spesso sul contatto reale.

Uno sguardo che tocca la realtà, ma anche il cuore, è uno sguardo che la realtà la trasforma…Non è uno sguardo che ti lascia dove sei, ma è uno sguardo che ti porta su, che ti solleva, che ti invita ad alzarti. Il cinema neorealista ha avuto questo potere, proprio della grande arte, di saper cogliere nell’inverno ciò che era già primavera. È uno sguardo che nelle tenebre custodisce il gusto e il senso della luce. È uno sguardo di svelamento:

là dove noi non vediamo che un limite, l’occhio del poeta e dell’artista costruisce passaggi, apre brecce negli sbarramenti, scorge i segni di una realtà più bella e più grande. Abbiamo tanto bisogno di questo sguardo.

 

È questa la lezione che possiamo apprendere dalla scuola di umanesimo del neorealismo: uno sguardo che provoca la coscienza, che mette in relazione, che fa germogliare. Una pedagogia per gli occhi che cambia il nostro sguardo miope avvicinandolo allo sguardo stesso di Dio.

Papa Francesco

 

(l’intervista è uscita in forma integrale su Avvenire domenica 18 luglio 2021)

Ci vuole Fantasia

 

FANTASIA
                                                           LA FANTASIA DEI BAMBINI


Recentemente Papa Francesco ha ripreso da Jorge Luis Borges l’immagine molto suggestiva del labirinto per raccontare la ricerca di una via di senso e di libertà in un mondo che fatica ad alzarsi dalla pandemia e da tutte le sue conseguenze economiche e sociali.

Per uscirne, suggerisce Papa Francesco, è necessario seguire “il filo d’Arianna della creatività che i credenti leggono come opera dello Spirito che ci chiama fuori da noi stessi”.

Mi è piaciuta tanto questa immagine del filo d’Arianna della creatività perché chiama in causa gli artisti, i sognatori e i poeti. Dio sa quanto abbiamo bisogno di creatività e fantasia, i bambini e i pazzi ne sono colmi e gli artisti ne fanno la loro vocazione. Fare arte significa immaginare l’impossibile, sognare mondi sconosciuti, varcare la soglia del reale e del tempo, entrare nell’oceano infinito della creatività alla ricerca del sesto continente.

L’arte non è un mestiere per chi sa dipingere o scolpire, l’arte è un mestiere per sognatori, per coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, e lo cambiano davvero! L’immaginazione è l’umile ma ostinata pretesa di poter cambiare le cose sognandole migliori.

Sono note le parole dello scrittore irlandese Gorge Bernard Shaw: C’è chi guarda alle cose come sono e si chiede “Perché?”. Io penso a come potrebbero essere e mi chiedo “Perché no!”.

L’artista si sa ha tanti difetti, ma una cosa è certa, non lo sentirete mai dire: Si fa così perché si è sempre fatto così! No questo non lo dirà mai. Il poeta è in attesa costante dell’imprevedibile, dell’arcobaleno di notte o di un corvo bianco. La sua capacità di visione può ribaltare completamente il nostro punto di vista e aprirci prospettive inimmaginabili capaci di infiammare il mondo e cambiare il corso della storia.

Quanta forza visionaria nelle parole di Steve Jobs: “Questo messaggio lo dedichiamo ai folli. A tutti coloro che vedono le cose in modo diverso. Potete citarli. Essere in disaccordo con loro, potete glorificarli o denigrarli, ma l’unica cosa che non potete fare è ignorarli. Perché riescono a cambiare le cose. E mentre qualcuno potrebbe definirli pazzi, noi ne vediamo il genio. Perché solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, lo cambiano davvero!”.

Ci sono persone che hanno bisogno di un cammino battuto, un sentiero tracciato che indichi loro passo per passo la strada da seguire e pensano che solo seguendo punto per punto i manuali preconfezionati otterranno qualche risultato, come se ci fosse un’unica mappa ad indicare la strada.

Quanta bellezza nei versi di Machado: “Viandante sono le tue impronte la via e nulla più: Viandante non c’è un cammino, il cammino si fa camminando”.

Che differenza può esserci tra un pittore e un’artista? La stessa che c’è tra chi impara a fare la torta di mele e uno Chef. Oggi necessitiamo più di ieri dell’arte e degli artisti, abbiamo bisogno di visioni che non si lascino rinchiudere da una logica dominante, dai differenti pensieri unici che se la prendono con il pensiero unico! Ci avete fatto caso il pensiero unico dominante è sempre quello degli altri

E allora con le parole di Justine Hurwitz:

“Brindiamo ai ribelli, ai pittori, e ai poeti, brindiamo ai folli che sognano, pazzi quanto possono sembrare; Brindiamo ai cuori che soffrono, un po’ di follia è la chiave per darci nuovi colori da vedere e chi sa dove ci porterà questo? Ecco perché avete bisogno di noi. Quindi brindiamo ai ribelli, ai pittori, e ai poeti!”