Lo Sguardo dell'Artista - la visione poliedrica

Papa Francesco agli artisti:

"Il vostro è per citare Paul Claudel un occhio che ascolta. L'arte è un antidoto contro la mentalità del calcolo e dell'uniformità; è una sfida al nostro immaginario, al nostro modo di vedere e di capire le cose. E in questo senso lo stesso Vangelo è in sè una sfida artistica, con una carica rivoluzionaria che voi siete chiamati ad esprimere grazie al vostro genio con una parola che protesta, chiama, grida. Oggi la Chiesa ha bisogno della vostra genialità, perchè ha bisogno di protestare, chiamare, gridare"

Autoritratto a matita 


Alcuni estratti del discorso di Papa Francesco ai cappellani e responsabili della pastorale universitaria (Città del vaticano, 24 novembre 2023) 

Il modello deve essere il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità» (Esort. ap. Evangelii Gaudium, 236).

Il Vangelo si incarna così, permettendo alla sua coralità di risuonare in modo diverso nelle vite delle persone, come un’unica melodia capace di esprimersi con timbri differenti.

Il poliedro non è una figura geometrica facile. A differenza della sfera, che è liscia e comoda da maneggiare, è spigoloso e anche tagliente: ha un che di urtante, proprio come la realtà, a volte. Tuttavia, proprio questa complessità è alla base della sua bellezza, perché gli permette di riverberare la luce con tonalità e gradazioni diverse, a seconda dell’angolatura di ogni singola faccia.

Una sfaccettatura restituisce una luce nitida; un’altra più sfumata; un’altra ancora un chiaroscuro. Non solo: con le sue molteplici facce un poliedro può produrre anche una diversificata proiezione di ombre. Avere una visione poliedrica, allora, implica allenare gli occhi a cogliere e apprezzare tutte queste sfumature.

Se in un solido geometrico si tolgono gli spigoli e si cancellano le ombre, lo si riduce a una figura piatta, senza spessore e senza profondità. E oggi vediamo delle correnti ideologiche dentro la Chiesa, dove la gente va e finisce per ridursi a una figura “piatta”, senza sfumature… Ma se una persona si valorizza con sapienza per ciò che è, se ne può ricavare un’opera d’arte...quando si accompagnano i giovani con la vicinanza e quando si prega per loro, fioriscono delle meraviglie. Ma non fioriscono dall’uniformità: fioriscono proprio dalle differenze, che sono la loro ricchezza.





Gli occhi dei bambini

 



Alcuni stralci tratti da una bellissima intervista a Papa Francesco fatta da Dario Edoardo Viganò:

“Essere guardati dagli occhi dei bambini è un’esperienza che tutti conosciamo, che ci tocca fino in fondo al cuore e che ci obbliga anche a un esame di coscienza.  Lo sguardo dei bambini sul mondo è uno sguardo puro, capace di captare tutto, uno sguardo limpido attraverso il quale possiamo individuare subito e con nitidezza il bene e il male.

Che cosa facciamo perché i bambini possano guardarci sorridendo e conservino uno sguardo limpido, ricco di fiducia e di speranza? Che cosa facciamo perché non venga rubata loro questa luce, perché questi occhi non vengano turbati e corrotti?

Quanta necessità abbiamo oggi d’imparare a guardare! Servono occhi capaci di fendere il buio della notte, di alzare lo sguardo oltre il muro per scrutare l’orizzonte.

Oggi è tanto importante una catechesi dello sguardo, una pedagogia per i nostri occhi spesso incapaci di contemplare in mezzo all’oscurità la “grande luce” (Is 9,1) che Gesù viene a portare. Una mistica del nostro tempo, Simone Weil, scrive: «La compassione e la gratitudine discendono da Dio, e quando vengono donate attraverso uno sguardo, Dio è presente nel punto in cui gli sguardi s’ incontrano». Ecco perché la riflessione sullo sguardo apre alla trascendenza.

Guardare non è vedere…Vedere è un atto che si compie solo con gli occhi, per guardare occorrono gli occhi e il cuore… È la qualità dello sguardo a fare la differenza… Uno sguardo che tocca la realtà, ma anche il cuore, è uno sguardo che la realtà la trasforma…Non è uno sguardo che ti lascia dove sei, ma è uno sguardo che ti porta su, che ti solleva, che ti invita ad alzarti…uno sguardo di svelamento:

là dove noi non vediamo che un limite, l’occhio del poeta e dell’artista costruisce passaggi, apre brecce negli sbarramenti, scorge i segni di una realtà più bella e più grande. Abbiamo tanto bisogno di questo sguardo”.





 

 

 

La Chiesa ha bisogno dell’Arte

 una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta“ Giovanni Paolo II

Come fare per colmare il vuoto che separa l’arte dalla fede e gli artisti dalla Chiesa?

A tal proposito ieri abbiamo avuto un incontro schietto e proficuo con Don Matteo, il cardinal Zuppi anche in vista del Giubileo degli artisti che si terrà a Roma nel 2025.

 

“La Chiesa ha bisogno dell’arte. Si può dire anche che l’arte abbia bisogno della Chiesa?”

Giovanni Paolo II rivolse questa domanda agli artisti nella lettera che scrisse in occasione dell’anno Giubilare.

Nel corso della Storia, gli artisti hanno sempre collaborato con la Chiesa per diffondere la cultura, la verità e la bellezza; come mai allora negli ultimi due secoli abbiamo assistito al marcarsi di una distanza tra le eccellenze delle avanguardie artistiche e la Chiesa?

Forse la Chiesa non è stata sufficientemente capace di comprendere le rivoluzioni stilistiche dell’arte e di stare al passo con i tempi, o piuttosto gli artisti hanno abbandonato il senso della fede e di conseguenza si sono allontanati dalla Chiesa?

Personalmente penso siano vere entrambe le cose; la Chiesa, affezionata al canone di una bellezza che trova nel Classicismo, nel Rinascimento, Manierismo e Barocco il suo massimo splendore, spesso e volentieri, ha avuto verso le novità stilistiche, un atteggiamento di diffidenza non molto diverso da quello del Salon degli Accademici nei confronti degli impressionisti, nella Francia della seconda metà dell’800.

D’altra parte, gli artisti forse stanchi delle influenze dei committenti e soprattutto eredi di una società sempre più scristianizzata e relativista si sono allontanati e opposti alla Chiesa, vedendo in essa un grande sistema di controllo ed omologazione del pensiero, lontana dal libertinaggio creativo e morale che ha caratterizzato gli ultimi tempi.

Come fare allora per colmare il vuoto che separa l’arte dalla fede e gli artisti dalla Chiesa?

Giovanni Paolo II, nella Lettera sopra citata, auspicava il riannodarsi di una più proficua cooperazione tra l’arte e la Chiesa, perchè “l’umanità di tutti i tempi, anche quella di oggi, aspetta di essere illuminata sul proprio cammino e sul proprio destino.”

Come Unione Cattolica Artisti Italiani ci sentiamo chiamati a collaborare affinchè questa cooperazione ritrovi l’intesa di un tempo. In fin dei conti, tanto l’arte quanto la Chiesa desiderano rispondere agli aneliti più profondi del cuore e favorire il ricongiungimento, tra la nostalgia della pace, della verità e della giustizia che ogni uomo sente, e il mondo effettivo dove abitiamo in cui spesso e volentieri mancano bellezza e bontà.

L’animo umano è abitato dal desiderio di trascendere tutti i limiti, la bellezza è fragile custode di questo insopprimibile anelito;

Sono pochi gli artisti contemporanei che conservano un rapporto con la fede e con la Chiesa e sono ancora meno i cristiani che hanno un’autentica consapevolezza della bellezza e dell’arte moderna.

Perciò le migliori opere d’arte non hanno più nulla a che fare con il messaggio e i contenuti della Fede Cristiana, e viceversa le opere “cristiane” spesso e volentieri mancano della necessaria qualità tecnica e artistica per essere considerate a tutti gli effetti Opere d’Arte!

Alcuni artisti di talento ancora collaborano con vescovi o parroci ma nella stragrande maggior parte dei casi a loro non viene chiesto un lavoro creativo, bensì un’esecuzione artigianale che riproponga nostalgicamente gli schemi e i canoni dell’arte tradizionale cristiana.

Bisogna dire anche che pochissimi dei parroci responsabili della decorazione e dell’ornamento delle chiese hanno una sensibilità e una formazione storico-artistica moderna e contemporanea, anzi sono spesso diffidenti e prevenuti verso tutto quello che non conoscono.

Papa Francesco a proposito dell’arte ha scritto:

“La Chiesa deve promuovere l’uso dell’arte nella sua opera di evangelizzazione, guardando al passato ma anche alle tante forme espressive attuali. Non dobbiamo avere paura di trovare e utilizzare nuovi simboli, nuove forme d’arte, nuovi linguaggi.”

Papa Francesco apre esplicitamente all’arte contemporanea, ai nuovi simboli, ai linguaggi dei nostri tempi, superando le perplessità di una struttura clericale che spesso il Pontefice ha contestato per la sua difficoltà ad aprirsi al nuovo.

A questo punto sorge un’altra domanda: qualora vescovi e parroci avessero questa sensibilità e formazione, e lasciassero agli artisti esprimere il loro genio, troverebbero artisti con un senso della Fede sufficientemente formato dal quale poter attingere la loro creatività a maggior gloria di Dio? Nell’arte di oggi il mistero, il trascendente e il religioso in senso lato hanno ancora cittadinanza?

Nel caso contrario, come potrebbe un’artista, per quanto virtuoso o geniale, accostarsi attraverso il suo lavoro al Mistero della Fede che ignora o peggio esclude dalla sua esistenza?

È necessario introdurre un’antropologia cristiana nell’arte moderna e una sensibilità contemporanea nell’arte cristiana.

Per fare questo la Chiesa ha bisogno degli artisti e gli artisti hanno bisogno della Chiesa.

Sempre attuali sono le parole del fondatore dell’Ucai Paolo VI:

“Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione.

La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia nel cuore degli uomini.”

Bisogna risvegliare nell’uomo la nostalgia di Dio e così anche nelle arti avremo un rifiorire di bellezza, di profondità nuova e contemporanea, trovo illuminanti a tal proposito le parole di Saint-Expupéry: “Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito”

Francesco Astiaso Garcia






"Cadano presto i muri, visibili e invisibili, che dividono i popoli in Europa, Asia, Africa, nelle Americhe, in mezzo al mare Mediterraneo per i migranti che fuggono dalle guerre! Cadano i muri del cuore che accecano e non fanno vedere che l’altro è mia sorella e mio fratello!"

I  SEGNI  DEI TEMPI


Se si insegnasse la bellezza alla gente !

 


«Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore. La Bellezza è importante, non ci vuole nulla a distruggere la Bellezza… e allora invece della lotta politica, la coscienza di classe, tutte le manifestazioni e ‘ste fesserie, bisognerebbe ricordare alla gente cos’è la bellezza, aiutarla a riconoscerla, a difenderla».

Peppino Impastato (Cinisi, 5 gennaio 1948 – Cinisi, 9 maggio 1978)