Saper Vedere

Saper vedere


· ​Le «Epifanie» di Francesco Astiaso Garcia ·

Da sant’Agostino a Dostoevskji s’impone la commossa celebrazione della bellezza quale valore fondante della spiritualità dell’uomo e della civiltà universale. Il monaco di Ippona parlava della Bellezza «sempre antica e sempre nuova», lo scrittore russo sentenziava che la bellezza, solo essa, potrà salvare il mondo. È da questo sentire che trae ispirazione e alimento l’opera dell’italo-spagnolo Francesco Astiaso Garcia, pluripremiato pittore, fotografo e scultore (nel 2015 ha ricevuto il premio internazionale “Giovanni Paolo I”, assegnato a personalità distintesi nei vari campi del sapere per la loro testimonianza cristiana e per il nobile impegno nel sociale).
Di quel sentire è espressione esemplare il suo libro Epifanie, promosso — fatto ben significativo — dalla Fondazione internazionale Padre Matteo Ricci, con l’auspicio che tale volume, in italiano e in cinese, favorisca «un incontro fecondo» tra Cina ed Europa. Il tema sviluppato è “la Bellezza che salva”: fotografie e testi parlano, senza ambagi, al cuore dell’uomo. Un cuore — afferma l’artista — scosso dall’anelito alla verità, la quale unisce l’Oriente e l’Occidente. Del resto l’animo umano è abitato dal desiderio di trascendere tutti i limiti, e la bellezza è custode, devota e appassionata, di questo anelito.
Il titolo del libro dice già tutto della concezione del mondo di Astiaso Garcia: le sue fotografie sono, in effetti, delle epifanie, rivelazioni di un turbinio dell’animo che poi serenamente si risolve nella contemplazione di un paesaggio naturale o di un volto, di uomo e di donna. In queste manifestazioni si esprime l’afflato divino, che la dimensione prettamente umana cerca, quasi con prometeica energia, di ghermire.
Non a caso le fotografie, bellissime, che l’artista ha scattato, sono accompagnate da frasi che svolgono la funzione di illuminanti didascalie, gran parte delle quali sono citazioni illustri, tratte da testi religiosi e da personalità laiche. «La persona umana tanto più cresce, matura e si santifica, quanto più entra in relazione, quando esce da se stessa per vivere in comunione con Dio, con gli altri e con tutte le creature»: le parole di Papa Francesco nella Laudato si’ valgono a suggellare un suggestiva fotografia di un monte le cui falde sono lambite dall’acqua del mare: un vero e proprio spettacolo della natura. E ad accompagnare un seducente paesaggio marino vi sono le frasi di Hermann Hesse, «Arte significa: dentro ogni cosa mostrare Dio», e di Cézanne, «Arte è vedere l’opera di Dio».
Lo stesso autore tiene a rimarcare il fatto che le immagini sono funzionalmente corredate da testi e riflessioni di autori credenti e atei, occidentali e orientali, i quali si interrogano sul significato ultimo della Bellezza e «intuiscono dietro la sua manifestazione un cammino privilegiato verso Dio». Una bellezza che, se meditata, ha la forza di risvegliare la spiritualità, mettendo l’uomo in contatto con la scintilla divina che è in lui: una scintilla troppo spesso seppellita e resa inerte dalle angosce e dalle urgenze terrene.
L’Epifania, dunque, si configura come uno strumento preziosissimo che permette di vedere, pur attraverso i fumi, le nebbie e le foschie emessi dalle brutture e dalle velenose ambiguità del mondo. Questa peculiare capacità di cogliere, nonostante gli ostacoli, l’essenza, è sottolineata da Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, che nel contributo contenuto nel volume rileva come appunto sia «difficile vedere», senza l’Epifania. A tale riguardo il prefetto ricorda Antoine de Saint-Exupéry, che attraverso il suo piccolo principe ci insegna che «l’essenziale è invisibile agli occhi» e che bisogna imparare a «guardare le cose col cuore», e richiama Leonard Cohen: «C’è una crepa in ogni cosa. È così che entra la luce», recita una delle sue poesie-canzoni.
«Chi ha ricevuto il dono di uno sguardo contemplativo sul mondo — scrive Paolo Ruffini — riesce a levare il velo opaco delle cose, riesce a restituirle all’Epifania, e a far corrispondere all’Epifania la “diafanicità”, la trasparenza del creato».
Lo sguardo catturato dalla Epifania non è un “guardare” passivo. «È lo sguardo contemplativo — evidenzia il prefetto — che fa passare la luce, che fa passare il Logos, la Parola che Dio vuole dirci». L’arte del vedere e del rilevare è dunque una vera contemplazione, una forza trasformatrice e creatrice.
«Una forza — sottolinea il prefetto — che attraverso la trasformazione del cuore e dello sguardo trasforma realmente anche il mondo». Si tratta di una forza che permette di ricondurre tutto a unità nella verità e nella bellezza originaria delle nostre vite «aprendo una finestra sull’eternità».
In questo scenario s’inserisce a pieno titolo la figura di Padre Matteo Ricci, maestro e araldo del Vangelo, il quale — come ricorda nel suo contributo Eusebio, padre di Francesco Astiaso Garcia — presentò alla Cina «la visione cristiana della bellezza come epifania dell’invisibile e del divino».
Questa apertura alla trascendenza apporta uno slancio all’arte e all’idea stessa di bellezza, «liberandola dall’inconsistenza e dall’effimero», privandola della caducità e proiettandola verso il desiderio di prendere parte alla «festa senza fine alla quale aspira ogni uomo».
Nel rilevare che nel volume si susseguono immagini dai cromatismi accattivanti, criptici geroglifici naturali o presunti tali, diafani specchi d’acqua, rocce incendiate dal sole, superfici screpolate e geometrie sia nette che irregolari, Enrico Nicolò, artista-fotografo, nel suo contributo sottolinea il coraggio di Francesco Astiaso Garcia di «affermare i colori di Dio e la bellezza di Dio». La sua, allora, diviene, in un certo senso, un’opera fotografica potenzialmente “profetica”. Il Bene, il Vero e il Bello ritrovano, mirabilmente congiunti, il loro giusto ruolo e la loro centralità nel discorso sull’arte.
E l’opera del fotografo italo-spagnolo — priva di ogni reiterato stilema e refrattaria a ogni tentazione di maniera — è anche “evangelizzatrice”. Proprio perché profetica. Contribuisce cioè a mettere in relazione l’uomo con Dio, la sua vita con la Parola. «Le Epifanie di Astiaso allora — sottolinea Enrico Nicolò — possono diventare le manifestazioni, le rivelazioni che quotidianamente Dio compie nei confronti di ciascuno di noi». Un’epifania che si dispiega, in tutto il suo catartico fulgore, lungo il complesso, tortuoso ma sempre affascinante itinerario esistenziale.