VITA e ARTE

Arte : Vita = Vita : Arte 
Questo è il titolo della Tesi di Laurea con cui ho concluso il mio ciclo di studi all'Accademia delle Belle Arti nel 2006, mi sono ispirato alle formule delle proporzioni matematiche: l'arte sta alla vita come la vita sta all'arte.

Ho sempre considerato inscindibile il rapporto tra la vita e l'arte, ed è per questo che assieme allo studio dei capolavori pittorici, letterari e musicali, mi ha appassionato l'approfondimento del vissuto degli artisti che ha accompagnato la creazione delle loro opere; quanta verità nei loro diari, nelle loro poesie e scritti intimi!

L’arte non può separarsi dall’esperienza esistenziale dell’uomo, è indispensabile una profonda unità tra uomo e artista, tra vita e opera. 
Dietro alle opere d’arte ci sono le gioie, i dolori degli uomini e dei popoli; dove manca questo sottofondo le forme nascono vuote e sradicate, lì manca anche l’arte; senza la carne della vita, l'arte resterà solo "una remota sensazione di verità, come le alghe ancora odorose di iodio testimoniano del mare".

Quest'estate in Spagna, passeggiando con mio padre, mia moglie e i miei figli abbiamo giocato a "vola, vola l'angelo"; per chi non lo conoscesse il gioco consiste nel tenere, camminando, le manine dei bambini, uno da una parte e uno dall'altra e quando meno se lo aspettano dire: "vola, vola… l'angelo" facendoli "volare" su in alto con loro estrema gioia e divertimento.
Tornati a Roma ho notato che mio figlio Francisco Eusebio, ha cominciato a disegnare insistentemente tre figure che si tengono per mano, quando gli ho chiesto cosa rappresentassero mi ha risposto: "vola, vola… l'angelo"! 
La vita è la linfa dell'arte, il nutrimento, la motivazione e la spinta; Francisco Eusebio l'ha capito da solo molto bene! 

Mi piacciono moltissimo le parole con cui l'artista Marcel Janco racconta la sua esperienza dadaista: "...tutto era capace di suscitare sentimenti genuini e diretti.
Quando si fa aderire l'arte alla vita quotidiana e ad esperienze particolari, l'arte medesima viene assoggettata agli stessi rischi delle leggi dell'imprevisto e dal caso, al gioco delle forze vive. L'arte non è più il turbamento dell'anima serio e grave, né una tragedia sentimentale, bensì semplicemente il frutto delle esperienze di vita e della gioia di vivere".

Scrisse Oscar Wilde: "Il critico deve insegnare al pubblico il senso della bellezza, l'artista deve insegnarlo al critico!",

vorrei aggiungere e concludere, il bambino deve insegnarlo ad entrambi.






VOLA VOLA... L' ANGELOOOOOOO



Saper Vedere

Saper vedere


· ​Le «Epifanie» di Francesco Astiaso Garcia ·

Da sant’Agostino a Dostoevskji s’impone la commossa celebrazione della bellezza quale valore fondante della spiritualità dell’uomo e della civiltà universale. Il monaco di Ippona parlava della Bellezza «sempre antica e sempre nuova», lo scrittore russo sentenziava che la bellezza, solo essa, potrà salvare il mondo. È da questo sentire che trae ispirazione e alimento l’opera dell’italo-spagnolo Francesco Astiaso Garcia, pluripremiato pittore, fotografo e scultore (nel 2015 ha ricevuto il premio internazionale “Giovanni Paolo I”, assegnato a personalità distintesi nei vari campi del sapere per la loro testimonianza cristiana e per il nobile impegno nel sociale).
Di quel sentire è espressione esemplare il suo libro Epifanie, promosso — fatto ben significativo — dalla Fondazione internazionale Padre Matteo Ricci, con l’auspicio che tale volume, in italiano e in cinese, favorisca «un incontro fecondo» tra Cina ed Europa. Il tema sviluppato è “la Bellezza che salva”: fotografie e testi parlano, senza ambagi, al cuore dell’uomo. Un cuore — afferma l’artista — scosso dall’anelito alla verità, la quale unisce l’Oriente e l’Occidente. Del resto l’animo umano è abitato dal desiderio di trascendere tutti i limiti, e la bellezza è custode, devota e appassionata, di questo anelito.
Il titolo del libro dice già tutto della concezione del mondo di Astiaso Garcia: le sue fotografie sono, in effetti, delle epifanie, rivelazioni di un turbinio dell’animo che poi serenamente si risolve nella contemplazione di un paesaggio naturale o di un volto, di uomo e di donna. In queste manifestazioni si esprime l’afflato divino, che la dimensione prettamente umana cerca, quasi con prometeica energia, di ghermire.
Non a caso le fotografie, bellissime, che l’artista ha scattato, sono accompagnate da frasi che svolgono la funzione di illuminanti didascalie, gran parte delle quali sono citazioni illustri, tratte da testi religiosi e da personalità laiche. «La persona umana tanto più cresce, matura e si santifica, quanto più entra in relazione, quando esce da se stessa per vivere in comunione con Dio, con gli altri e con tutte le creature»: le parole di Papa Francesco nella Laudato si’ valgono a suggellare un suggestiva fotografia di un monte le cui falde sono lambite dall’acqua del mare: un vero e proprio spettacolo della natura. E ad accompagnare un seducente paesaggio marino vi sono le frasi di Hermann Hesse, «Arte significa: dentro ogni cosa mostrare Dio», e di Cézanne, «Arte è vedere l’opera di Dio».
Lo stesso autore tiene a rimarcare il fatto che le immagini sono funzionalmente corredate da testi e riflessioni di autori credenti e atei, occidentali e orientali, i quali si interrogano sul significato ultimo della Bellezza e «intuiscono dietro la sua manifestazione un cammino privilegiato verso Dio». Una bellezza che, se meditata, ha la forza di risvegliare la spiritualità, mettendo l’uomo in contatto con la scintilla divina che è in lui: una scintilla troppo spesso seppellita e resa inerte dalle angosce e dalle urgenze terrene.
L’Epifania, dunque, si configura come uno strumento preziosissimo che permette di vedere, pur attraverso i fumi, le nebbie e le foschie emessi dalle brutture e dalle velenose ambiguità del mondo. Questa peculiare capacità di cogliere, nonostante gli ostacoli, l’essenza, è sottolineata da Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, che nel contributo contenuto nel volume rileva come appunto sia «difficile vedere», senza l’Epifania. A tale riguardo il prefetto ricorda Antoine de Saint-Exupéry, che attraverso il suo piccolo principe ci insegna che «l’essenziale è invisibile agli occhi» e che bisogna imparare a «guardare le cose col cuore», e richiama Leonard Cohen: «C’è una crepa in ogni cosa. È così che entra la luce», recita una delle sue poesie-canzoni.
«Chi ha ricevuto il dono di uno sguardo contemplativo sul mondo — scrive Paolo Ruffini — riesce a levare il velo opaco delle cose, riesce a restituirle all’Epifania, e a far corrispondere all’Epifania la “diafanicità”, la trasparenza del creato».
Lo sguardo catturato dalla Epifania non è un “guardare” passivo. «È lo sguardo contemplativo — evidenzia il prefetto — che fa passare la luce, che fa passare il Logos, la Parola che Dio vuole dirci». L’arte del vedere e del rilevare è dunque una vera contemplazione, una forza trasformatrice e creatrice.
«Una forza — sottolinea il prefetto — che attraverso la trasformazione del cuore e dello sguardo trasforma realmente anche il mondo». Si tratta di una forza che permette di ricondurre tutto a unità nella verità e nella bellezza originaria delle nostre vite «aprendo una finestra sull’eternità».
In questo scenario s’inserisce a pieno titolo la figura di Padre Matteo Ricci, maestro e araldo del Vangelo, il quale — come ricorda nel suo contributo Eusebio, padre di Francesco Astiaso Garcia — presentò alla Cina «la visione cristiana della bellezza come epifania dell’invisibile e del divino».
Questa apertura alla trascendenza apporta uno slancio all’arte e all’idea stessa di bellezza, «liberandola dall’inconsistenza e dall’effimero», privandola della caducità e proiettandola verso il desiderio di prendere parte alla «festa senza fine alla quale aspira ogni uomo».
Nel rilevare che nel volume si susseguono immagini dai cromatismi accattivanti, criptici geroglifici naturali o presunti tali, diafani specchi d’acqua, rocce incendiate dal sole, superfici screpolate e geometrie sia nette che irregolari, Enrico Nicolò, artista-fotografo, nel suo contributo sottolinea il coraggio di Francesco Astiaso Garcia di «affermare i colori di Dio e la bellezza di Dio». La sua, allora, diviene, in un certo senso, un’opera fotografica potenzialmente “profetica”. Il Bene, il Vero e il Bello ritrovano, mirabilmente congiunti, il loro giusto ruolo e la loro centralità nel discorso sull’arte.
E l’opera del fotografo italo-spagnolo — priva di ogni reiterato stilema e refrattaria a ogni tentazione di maniera — è anche “evangelizzatrice”. Proprio perché profetica. Contribuisce cioè a mettere in relazione l’uomo con Dio, la sua vita con la Parola. «Le Epifanie di Astiaso allora — sottolinea Enrico Nicolò — possono diventare le manifestazioni, le rivelazioni che quotidianamente Dio compie nei confronti di ciascuno di noi». Un’epifania che si dispiega, in tutto il suo catartico fulgore, lungo il complesso, tortuoso ma sempre affascinante itinerario esistenziale.

Una Cartolina Speciale

E dopo il bellissimo incoraggiamento scritto del nostro Presidente Sergio Mattarella è arrivato questo biglietto.

Che dire, non capita certo tutti i giorni di ricevere una lettera dai Reali.
Non sapevo se pubblicarlo, volevo evitare la vanagloria, per questo ho aspettato a lungo; 


Ho deciso oggi di condividerlo perché in fondo è solo l’ulteriore conferma  dell’importanza e dell’urgenza di lavorare con passione per la comunione dei popoli e delle nazioni attraverso la via della bellezza!

Il mio augurio è che possa essere di ispirazione per tutti!
I più alti muri da abbattere sono quelli che stanno nei nostri occhi e ci impediscono di vedere l’altro!




L'Arte della Contemplazione, Uno Sguardo di Lode

L’ARTE DELLA CONTEMPLAZIONE, 
Uno Sguardo di Lode

di Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero 
per la Comunicazione della Santa Sede


Quanto è diventato difficile vedere la grandezza del mondo in cui viviamo. Siamo così presi da noi stessi da aver perso l’abitudine di alzare lo sguardo per lasciarsi riempire, attraversare, illuminare dalla contemplazione. 
Le scienze naturali non ci dicono della bellezza. Ci hanno abituato a considerare la natura come un oggetto da studiare. Siamo in grado di decifrare in modo microscopico tutto ciò che esiste, siamo in grado di definire la struttura fisica, di analizzare la composizione chimica, di misurare le proprietà energetiche di ogni cosa. 
Non per questo però siamo in grado di discernere i nessi che esistono tra le miriadi delle cose create; il significato della materia, il senso della terra, l’orientamento del mondo…La sua bellezza, manifestazione di Dio. 

Per ricordarcelo papa Francesco ci ha donato l’enciclica Laudato sì. Per raccontarcelo, soprattutto con le immagini, Francesco Astiaso Garcia ha pensato a Epifanie; gli artisti vedono e fanno vedere le cose al di là della loro apparenza. Come è difficile vedere, senza l’Epifania. Ogni particella del creato porta iscritta in sé una traccia, un codice, un orientamento, tanto che il mondo intero si presenta come una parola. E l’uomo può contemplare così il cosmo non solo da fuori, ma anche dall’interno. Può vedere ciò che è visibile unito con ciò che è invisibile. Perché la bellezza di quel che vede gli racconta ciò che non vede. Il caos nel mondo sorge dal rifiuto umano del Logos, che è ordine e senso del mondo. Senza la luce divina, l’uomo vede l’universo a immagine del proprio decadimento. Non vede più la materia unita al suo senso, ma divide il visibile dall’invisibile, separa il fenomeno dal suo contenuto spirituale. Senza la luce divina, ciò che è simbolo e luogo di incontro con Dio, si svuota del senso; ciò che è trasparente, diventa ormai opaco. 

Chi ha ricevuto il dono di uno sguardo contemplativo sul mondo, riesce a levare il velo opaco dalle cose, riesce a restituirle all’Epifania. Riesce a far corrispondere all’Epifania la “diafanicità”, la trasparenza del creato. Riesce a manifestare lo scopo, la visione, con la quale tutto fu creato. Riesce quindi – proprio come fa la liturgia – ad abbracciare il mondo su un piano diverso, dove l’acqua, l’olio, il fuoco e i colori sono assunti con tutta la loro forza simbolica e si incorporano nella lode (cf. Francesco, Laudato sì, n. 235). Lo sguardo catturato dalle Epifanie non è un “guardare” passivo. E’ lo sguardo contemplativo che fa passare la luce, che fa passare il Logos, la Parola che Dio vuole dirci. L’arte del vedere (e del rivelare) è dunque una vera contemplazione, una forza trasformatrice e creatrice. Una forza che attraverso la trasformazione del cuore e dello sguardo trasforma realmente anche il mondo. Una forza che permette di ricondurre tutto ad unità nella verità e nella bellezza originaria delle nostre vite aprendo una finestra sull’eternità.

Scarica il libro gratuitamente: E P I F A N I E
                                                                                         




La bellezza della comunità cristiana (Eusebio Astiaso Garcia)

Trascrizione del discorso di Eusebio Astiaso Garcia
in occasione della presentazione del libro Epifanie, 
presso l'Università Gregoriana.

Scarica il libro gratuitamente: E P I F A N I E






La bellezza della comunità cristiana

La giornata di oggi all’Università Gregoriana, nel presentare il volume Epifanie, si pone in
continuità con degli incontri di amicizia e di interscambio culturale tra la Fondazione Internazionale
P.M.R. e la Municipalità di Shangai, alla luce della relazione tra due figure di primo piano, Padre
Matteo Ricci e Paolo Xu Guangqi.
La presenza oggi della delegazione della Municipalità di Shangai, alla quale rivolgiamo il nostro
più caloroso benvenuto, e di tanti amici ed autorità italiane e dello Stato Vaticano, è un importante
incoraggiamento a continuare il nostro cammino insieme, volto a scoprire nuove strade di
collaborazione.
Abbiamo sentito questa mattina tante parole illuminanti e profonde sul tema della bellezza. Vorrei
molto semplicemente fare una riflessione personale a partire da alcuni passi della biografia di Padre
Matteo Ricci, scritta dal missionario gesuita bresciano Giulio Aleni, arrivato a Pechino nel 1613,
appena tre anni dopo la morte del missionario maceratese.
Dopo aver raccolto molte testimonianze di tante persone che vissero accanto a lui, scrisse: “Padre
Valignano inviò a Nanchino un trittico descritto come «assai bello», raffigurante il Signore
Gesù. La brillantezza dei colori ad olio, che la Cina ancora non conosceva, colpiva moltissimo
i letterati confuciani, i quali, desiderosi di penetrare la grande questione della vita e della
morte, erano ancor più attratti dalla realtà celeste che tali quadri annunziavano”.
Aggiunge: “Molti letterati venivano a vedere la casa dove abitava Li Madu con i suoi
compagni, attratti dai molti oggetti scientifici ed artistici che in essa trovavano. Rimanevano
però soprattutto colpiti dalla vita di questi uomini, vera opera d’arte”.
Cosa aveva di speciale la vita di questi uomini da attrarre così tanto i letterati? Da quale novità sono
stati affascinati? Sant’Agostino dice che “amiamo solo ciò che è bello”: quale bellezza dunque
rifletteva la loro vita?
La bellezza irradia luce come manifestazione della bontà e della verità dell’essere: veritatis
splendor. Non è una deduzione, è un incontro che ci tocca e ci colpisce, entrando in contatto con noi
e facendoci superare la dimensione prettamente materiale e consumistica della vita.

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E’ un anelito, una nostalgia che ci lancia verso mete sconosciute e verso l’eterno. Come
l’innamoramento, la bellezza è un sussulto dello spirito del corpo, è un linguaggio scritto nel cuore
di ogni uomo.
Il mondo in cui viviamo ha bisogno di bellezza, gioia nel cuore degli uomini, per non sprofondare
nella disperazione.
La bellezza è lo splendore e la luce di una perfezione che si manifesta. La bellezza è Epifania!
Nonostante il fascino che essa esercita su ognuno di noi, è fragile ed inconsistente: il suo splendore
è offuscato dalla caducità, dalla corruzione e dall’incapacità di superare il tempo e lo spazio.
La menzogna, la violenza, il male e le nostre brutture mettono in discussione la bellezza, resa
effimera dalla morte e dal non senso della vita dell’uomo.
La bellezza, richiamo alla trascendenza, è incapace di saziare il cuore dell’uomo, suscitando in noi
quella nostalgia di Dio che Sant’Agostino espresse con accenti ineguagliabili: “tardi t’amai,
bellezza così antica, così nuova, tardi ti amai! Ed ecco tu eri dentro di me ed io fuori di me ti
cercavo e mi gettavo deforme sulle belle forme della tua creazione… Tu hai chiamato e
gridato, hai spezzato la mia sordità, hai sparso la tua fragranza ed io respirai, e ora anelo
verso di te; ti ho gustato ed ora ho fame e sete di te”.
In ogni uomo esiste un’intima connessione che lega la ricerca del bello alla ricerca della verità, la
via pulchritudinis alla via veritatis. La bellezza non è autentica se non nel suo rapporto con la verità.
La natura attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio (Rm 8,19) e l’uomo si sente come
smarrito nella ricerca di una bellezza fuori della sua portata. L’umanità sta aspettando qualcosa, o
meglio, sta aspettando qualcuno! Non hanno vino, non hanno festa: “oh se tu squarciassi il cielo e
scendessi”.
L’evento cristiano non è una filosofia o una nuova religione. E’ un fatto, una notizia! Qualcosa che
accade nella vita e la cambia… E’ un incontro con Cristo Risorto! “Quello che era da principio,
quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che
abbiano contemplato, che le nostre mani hanno toccato, ossia il verbo della vita, si è fatto
visibile a noi e lo annunciamo anche a voi affinché la vostra gioia sia piena” (1 Gv 1,1).
Il Mistero Pasquale di Cristo proietta una nuova luce sull’uomo e sul significato della sua esistenza.
Dio ha risuscitato il suo servo Gesù e l’uomo ha nuovamente accesso all’albero della vita. Lui ha
vinto la morte ed ha preso la nostra carne umana e l’ha portata ad una trascendenza più alta degli
astri, facendoci entrare nella divinità come figli di Dio.

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Questa Epifania dell’invisibile che apre alla trascendenza e all’eternità apporta un nuovo slancio
alla bellezza, offuscata dall’inconsistenza e dall’effimero, catapultandola alla festa senza fine alla
quale aspira ogni uomo. La gioia di vivere, la pienezza, la speranza che genera l’annuncio del
Vangelo è stato l’humus, terreno fertile che ha favorito enormemente, nel corso di tutta la storia, lo
sviluppo della scienza e dell’arte.
La bellezza della comunità cristiana si manifesta nella comunione fraterna, capace di superare ogni
barriera: in essa appare la gratuità dell’amore nella cura per i più bisognosi. Ogni individuo, schiavo
o libero, uomo o donna, viene accolto come figlio di Dio.
Nella liturgia appare la bellezza dell’amore di Cristo, capace di farci sperimentare, nella
celebrazione della comunione con Dio e con i fratelli, la pienezza e la felicità alla quale aspira ogni
uomo.
La bellezza della liturgia e della comunità cristiana è stata la fonte della quale è scaturita una parte
incomparabile del patrimonio artistico e culturale dell’umanità.
San Tommaso mette in relazione la bellezza con il piacere. Dio, attraverso la bellezza della natura
da lui creata, ci mostra il suo amore. E’ proprio la bellezza e la bontà della natura a generare in noi
una emozione estetica, un piacere attraverso il quale ci sentiamo amati. Il linguaggio della natura è
un linguaggio di amore.
E’ attraverso Cristo crocifisso, immagine del Dio invisibile, irradiazione della sua gloria e impronta
della sua sostanza, che ci viene svelato il senso profondo della bellezza: l’amore. In Lui appare un
amore nuovo, che non c’è nel mondo, la Caritas. Un amore che tutto crede, tutto spera, sopporta
tutto, non tiene conto del male e che arriva ad amare anche il nemico. “Cristo ha dato la sua vita per
noi quando eravamo malvagi”. Una bellezza nuova che include la sofferenza, il dolore e la morte.
Dio appare in Cristo come bellezza crocifissa per noi. Lui è il più bello fra i figli dell’uomo. Gesù
Cristo è la bellezza suprema, lo splendore della verità, la sola bellezza che sfida il male e trionfa
sulla morte.
Questo amore, versato nei cuori dei credenti per mezzo dello Spirito Santo, ci rende partecipi della
vita divina, riconducendoci alla bellezza originaria: la creatura elevata alla figliolanza divina.
E’ stato l’incontro con Cristo Risorto che ha fatto sì che Matto Ricci, giovane della borghesia di
Macerata con un brillante avvenire, lasciasse tutto per partire per l’Oriente, sapendo che non
sarebbe mai tornato. Non è andato in Cina per portare la cultura occidentale ma per portare la vita
immortale per mezzo dell’annunzio del Vangelo, accettando ingiurie ed opposizioni.

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E’ proprio l’amore che portava dentro a metterlo nella condizione di poter vedere la grandezza e la
bellezza della cultura cinese. Li Madu ha amato profondamente la Cina e il nobile popolo cinese,
che, ancora oggi, corrisponde a questo amore con un ricordo perenne.
Il suo biografo, Giulio Aleni, ci riporta diversi fatti di sapore francescano che colpivano chiunque si
avvicinasse a Matteo Ricci e compagni, scorgendo i segni della loro bellezza interiore: “un giorno
un tale scavalcò il muro posteriore per rubare della legna. A quello della casa che cercava di
fermarlo, Maestro Ricci comandò di lasciarlo andar via con la legna, dicendo: perché
disputare con questo per una cosa di poco valore, tanto più se egli è venuto a causa della sua
povertà? E portò egli stesso la legna verso al muro e la consegnò all’uomo, il quale, con
vergogna, ringraziò e se ne andò”. Riferisce inoltre: “un giorno alcuni ladri entrarono con
forza in casa per rubare e vennero catturati dalle autorità e condannati al carcere duro.
Maestro Ricci ebbe compassione di loro e intercedette con insistenza presso le autorità perché
fossero liberati. Tutti furono sopraffatti dall’ammirazione di fronte a tale virtù di Maestro
Ricci”.
Chi sono questi uomini che hanno lasciato tutto e stanno in mezzo a noi senza chiedere nulla per sé?
Quale è la fonte della loro saggezza?
Paolo Xu Guangqi, che ha seguito le orme di Matteo Ricci ed ha servito il suo paese con grande
sapienza e disinteresse, ci dà la risposta: “la generosa elargizione di conoscenza e di strumenti
scientifici operata da Matteo Ricci e dai suoi compagni gesuiti è il risultato della messa in
pratica del divino comandamento dell’amore. Molte cose hanno portato i missionari per la
prosperità del paese e per il benessere del popolo nel campo della matematica e della
cartografia, ma la più buona di tutte è il Vangelo di Cristo con la promessa della liberazione
del peccato e della salvezza eterna”.
I letterati ed il popolo vedevano in Padre Matteo Ricci e nei suoi compagni il riflesso di Cristo
crocifisso: la bellezza della santità.
Scrive San Cirillo: “una rassomiglianza spirituale è impressa in coloro che sono diventati
partecipi della natura di Cristo e la bellezza della sua inesprimibile divinità risplende nelle
anime dei Santi”.
La bellezza risplende in maniera unica sul volto di Cristo, di sua Madre e dei Santi.
Speriamo che presto siano canonizzati Padre Matteo Ricci e Xu Guangqi.



Due Preghiere, una dal Mare, l'altra dalla Terra





L’ULTIMA PREGHIERA dal Mare

Madre della vita, Madre del cielo e del mare,
travolta ormai da queste onde impietose
rivolgo a te la mia ultima preghiera.

Sono fuggita dall'orrore della guerra
e cercando un approdo ho trovato il terrore del naufragio:
le acque ora mi sommergono e tingono il sole di blu
ed io che annego, mi aggrappo non ad una zattera
ma a questa mia ultima anonima preghiera:

Non lasciare che con me affoghi la speranza,
non permettere che la mia morte sia dimenticata e vana;
Ascolta il grido dei tuoi figli annegati e
non lasciare naufragare ciò che resta di umano!
Ti supplico da questa mia croce di schiuma, solitudine e dolore:
l’indifferenza non prevalga sulla pietà,
il rifiuto sull’accoglienza e l’egoismo sull’amore.

Madre della vita, Madre di tutti,
Madre di chi cerca accoglienza e di chi accoglie,
Madre di chi bussa e di chi non apre.
Tu che conosci il dolore, il rifiuto e l'abbandono,
dal profondo dei flutti ti invoco:
donami la fiducia che in cielo per me
le porte e i cuori saranno aperti, 
tu che sei Madre, consola il grido dei miei genitori,
e portagli con le maree questo mio ultimo bacio
e la certezza che le grandi acque non spegneranno l'amore.

Madre dei cuori aperti



DEDICATA ALLE VITTIME DEL MARE E DELL'INDIFFERENZA




Preghiera alla Vergine
delle Vittime del Mare 



Ave Maria, Vergine del Mare e dei migranti, 
Vergine dei cuori aperti,
Purissima Consolatrice degli afflitti, 
Soccorso dei naufraghi e Madre della Compassione;
Solo ti chiedo che la vita umana in balia del mare 
non mi sia indifferente,
aiutaci Tu a vincere egoismo, 
sconforto, abitudine e impotenza.

Ispiraci Tu, che conosci i cuori, 
a sentire l’urgenza di fare qualcosa di utile e concreto.
Sono i nostri fratelli quelli che muoiono in mare, 
donaci occhi per vedere.
Sono le nostre sorelle che gridano e implorano aiuto, 
donaci orecchie per ascoltare.
I nostri figli ci guardano e imparano da noi 
il valore della vita, donaci cuori aperti
 per poter insegnare loro che la sacralità di ogni uomo 
non ha bandiera, passaporto o colore.


PREGHIERA ALLA VERGINE DELLE VITTIME DEL MARE

Madre dei cuori aperti


Preghiera alla Vergine
delle Vittime del Mare 

Ave Maria, Vergine del Mare e dei migranti, 
Vergine dei cuori aperti,
Purissima Consolatrice degli afflitti, 
Soccorso dei naufraghi e Madre della Compassione;
Solo ti chiedo che la vita umana in balia del mare 
non mi sia indifferente,
aiutaci Tu a vincere egoismo, 
sconforto, abitudine e impotenza.

Ispiraci Tu, che conosci i cuori, 
a sentire l’urgenza di fare qualcosa di utile e concreto.
Sono i nostri fratelli quelli che muoiono in mare, 
donaci occhi per vedere.
Sono le nostre sorelle che gridano e implorano aiuto, 
donaci orecchie per ascoltare.
I nostri figli ci guardano e imparano da noi 
il valore della vita, donaci cuori aperti
 per poter insegnare loro che la sacralità di ogni uomo 
non ha bandiera, passaporto o colore.



L'Ultima Preghiera dal Mare








L’ULTIMA PREGHIERA dal Mare

Madre della vita, Madre del cielo e del mare,
travolta ormai da queste onde impietose
rivolgo a te la mia ultima preghiera.

Sono fuggita dall'orrore della guerra
e cercando un approdo ho trovato il terrore del naufragio:
le acque ora mi sommergono e tingono il sole di blu
ed io che annego, mi aggrappo non ad una zattera
ma a questa mia ultima anonima preghiera:

Non lasciare che con me affoghi la speranza,
non permettere che la mia morte sia dimenticata e vana;
Ascolta il grido dei tuoi figli annegati e
non lasciare naufragare ciò che resta di umano!
Ti supplico da questa mia croce di schiuma, solitudine e dolore:
l’indifferenza non prevalga sulla pietà,
il rifiuto sull’accoglienza e l’egoismo sull’amore.

Madre della vita, Madre di tutti,
Madre di chi cerca accoglienza e di chi accoglie,
Madre di chi bussa e di chi non apre.
Tu che conosci il dolore, il rifiuto e l'abbandono,
dal profondo dei flutti ti invoco:
donami la fiducia che in cielo per me
le porte e i cuori saranno aperti, 
tu che sei Madre, consola il grido dei miei genitori,
e portagli con le maree questo mio ultimo bacio
e la certezza che le grandi acque non spegneranno l'amore.


DEDICATA ALLE VITTIME DEL MARE E DELL'INDIFFERENZA





L'artista, immagine di Dio Creatore


Acuni Estratti della LETTERA AGLI ARTISTI 
di Giovanni Paolo II:

Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di bellezza, può intuire qualcosa del pathos con cui Dio, all'alba della creazione, guardò all'opera delle sue mani.

Una vibrazione di quel sentimento si è infinite volte riflessa negli sguardi con cui voi, come gli artisti di ogni tempo, avvinti dallo stupore per il potere arcano dei suoni e delle parole, dei colori e delle forme, avete ammirato l'opera del vostro estro, avvertendovi quasi l'eco di quel mistero della creazione a cui Dio, solo creatore di tutte le cose, ha voluto in qualche modo associarvi.

LA GENESI (Polittico) : Cielo, Fuoco, Acqua e Terra





A quanti con appassionata dedizione 
cercano nuove « epifanie » della bellezza 
per farne dono al mondo 
nella creazione artistica.


L'Artista divino, con amorevole condiscendenza, trasmette una scintilla della sua trascendente sapienza all'artista umano, chiamandolo a condividere la sua potenza creatrice.

Quanta affinità esiste tra le parole «soffio - spirazione» e «ispirazione»! Lo Spirito è il misterioso artista dell'universo.

Presiedendo alle misteriose leggi che governano l'universo, il divino soffio dello Spirito creatore s'incontra con il genio dell'uomo e ne stimola la capacità creativa. 

Lo raggiunge con una sorta di illuminazione interiore, che unisce insieme l'indicazione del bene e del bello, e risveglia in lui le energie della mente e del cuore rendendolo atto a concepire l'idea e a darle forma nell'opera d'arte. 


Si parla allora giustamente, se pure analogicamente, di «momenti di grazia», perché l'essere umano ha la possibilità di fare una qualche esperienza dell'Assoluto che lo trascende.

                            Giovanni Paolo II


CIELO


FUOCO


ACQUA


TERRA