L'Arte della Contemplazione, Uno Sguardo di Lode

L’ARTE DELLA CONTEMPLAZIONE, 
Uno Sguardo di Lode

di Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero 
per la Comunicazione della Santa Sede


Quanto è diventato difficile vedere la grandezza del mondo in cui viviamo. Siamo così presi da noi stessi da aver perso l’abitudine di alzare lo sguardo per lasciarsi riempire, attraversare, illuminare dalla contemplazione. 
Le scienze naturali non ci dicono della bellezza. Ci hanno abituato a considerare la natura come un oggetto da studiare. Siamo in grado di decifrare in modo microscopico tutto ciò che esiste, siamo in grado di definire la struttura fisica, di analizzare la composizione chimica, di misurare le proprietà energetiche di ogni cosa. 
Non per questo però siamo in grado di discernere i nessi che esistono tra le miriadi delle cose create; il significato della materia, il senso della terra, l’orientamento del mondo…La sua bellezza, manifestazione di Dio. 

Per ricordarcelo papa Francesco ci ha donato l’enciclica Laudato sì. Per raccontarcelo, soprattutto con le immagini, Francesco Astiaso Garcia ha pensato a Epifanie; gli artisti vedono e fanno vedere le cose al di là della loro apparenza. Come è difficile vedere, senza l’Epifania. Ogni particella del creato porta iscritta in sé una traccia, un codice, un orientamento, tanto che il mondo intero si presenta come una parola. E l’uomo può contemplare così il cosmo non solo da fuori, ma anche dall’interno. Può vedere ciò che è visibile unito con ciò che è invisibile. Perché la bellezza di quel che vede gli racconta ciò che non vede. Il caos nel mondo sorge dal rifiuto umano del Logos, che è ordine e senso del mondo. Senza la luce divina, l’uomo vede l’universo a immagine del proprio decadimento. Non vede più la materia unita al suo senso, ma divide il visibile dall’invisibile, separa il fenomeno dal suo contenuto spirituale. Senza la luce divina, ciò che è simbolo e luogo di incontro con Dio, si svuota del senso; ciò che è trasparente, diventa ormai opaco. 

Chi ha ricevuto il dono di uno sguardo contemplativo sul mondo, riesce a levare il velo opaco dalle cose, riesce a restituirle all’Epifania. Riesce a far corrispondere all’Epifania la “diafanicità”, la trasparenza del creato. Riesce a manifestare lo scopo, la visione, con la quale tutto fu creato. Riesce quindi – proprio come fa la liturgia – ad abbracciare il mondo su un piano diverso, dove l’acqua, l’olio, il fuoco e i colori sono assunti con tutta la loro forza simbolica e si incorporano nella lode (cf. Francesco, Laudato sì, n. 235). Lo sguardo catturato dalle Epifanie non è un “guardare” passivo. E’ lo sguardo contemplativo che fa passare la luce, che fa passare il Logos, la Parola che Dio vuole dirci. L’arte del vedere (e del rivelare) è dunque una vera contemplazione, una forza trasformatrice e creatrice. Una forza che attraverso la trasformazione del cuore e dello sguardo trasforma realmente anche il mondo. Una forza che permette di ricondurre tutto ad unità nella verità e nella bellezza originaria delle nostre vite aprendo una finestra sull’eternità.

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La bellezza della comunità cristiana (Eusebio Astiaso Garcia)

Trascrizione del discorso di Eusebio Astiaso Garcia
in occasione della presentazione del libro Epifanie, 
presso l'Università Gregoriana.

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La bellezza della comunità cristiana

La giornata di oggi all’Università Gregoriana, nel presentare il volume Epifanie, si pone in
continuità con degli incontri di amicizia e di interscambio culturale tra la Fondazione Internazionale
P.M.R. e la Municipalità di Shangai, alla luce della relazione tra due figure di primo piano, Padre
Matteo Ricci e Paolo Xu Guangqi.
La presenza oggi della delegazione della Municipalità di Shangai, alla quale rivolgiamo il nostro
più caloroso benvenuto, e di tanti amici ed autorità italiane e dello Stato Vaticano, è un importante
incoraggiamento a continuare il nostro cammino insieme, volto a scoprire nuove strade di
collaborazione.
Abbiamo sentito questa mattina tante parole illuminanti e profonde sul tema della bellezza. Vorrei
molto semplicemente fare una riflessione personale a partire da alcuni passi della biografia di Padre
Matteo Ricci, scritta dal missionario gesuita bresciano Giulio Aleni, arrivato a Pechino nel 1613,
appena tre anni dopo la morte del missionario maceratese.
Dopo aver raccolto molte testimonianze di tante persone che vissero accanto a lui, scrisse: “Padre
Valignano inviò a Nanchino un trittico descritto come «assai bello», raffigurante il Signore
Gesù. La brillantezza dei colori ad olio, che la Cina ancora non conosceva, colpiva moltissimo
i letterati confuciani, i quali, desiderosi di penetrare la grande questione della vita e della
morte, erano ancor più attratti dalla realtà celeste che tali quadri annunziavano”.
Aggiunge: “Molti letterati venivano a vedere la casa dove abitava Li Madu con i suoi
compagni, attratti dai molti oggetti scientifici ed artistici che in essa trovavano. Rimanevano
però soprattutto colpiti dalla vita di questi uomini, vera opera d’arte”.
Cosa aveva di speciale la vita di questi uomini da attrarre così tanto i letterati? Da quale novità sono
stati affascinati? Sant’Agostino dice che “amiamo solo ciò che è bello”: quale bellezza dunque
rifletteva la loro vita?
La bellezza irradia luce come manifestazione della bontà e della verità dell’essere: veritatis
splendor. Non è una deduzione, è un incontro che ci tocca e ci colpisce, entrando in contatto con noi
e facendoci superare la dimensione prettamente materiale e consumistica della vita.

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E’ un anelito, una nostalgia che ci lancia verso mete sconosciute e verso l’eterno. Come
l’innamoramento, la bellezza è un sussulto dello spirito del corpo, è un linguaggio scritto nel cuore
di ogni uomo.
Il mondo in cui viviamo ha bisogno di bellezza, gioia nel cuore degli uomini, per non sprofondare
nella disperazione.
La bellezza è lo splendore e la luce di una perfezione che si manifesta. La bellezza è Epifania!
Nonostante il fascino che essa esercita su ognuno di noi, è fragile ed inconsistente: il suo splendore
è offuscato dalla caducità, dalla corruzione e dall’incapacità di superare il tempo e lo spazio.
La menzogna, la violenza, il male e le nostre brutture mettono in discussione la bellezza, resa
effimera dalla morte e dal non senso della vita dell’uomo.
La bellezza, richiamo alla trascendenza, è incapace di saziare il cuore dell’uomo, suscitando in noi
quella nostalgia di Dio che Sant’Agostino espresse con accenti ineguagliabili: “tardi t’amai,
bellezza così antica, così nuova, tardi ti amai! Ed ecco tu eri dentro di me ed io fuori di me ti
cercavo e mi gettavo deforme sulle belle forme della tua creazione… Tu hai chiamato e
gridato, hai spezzato la mia sordità, hai sparso la tua fragranza ed io respirai, e ora anelo
verso di te; ti ho gustato ed ora ho fame e sete di te”.
In ogni uomo esiste un’intima connessione che lega la ricerca del bello alla ricerca della verità, la
via pulchritudinis alla via veritatis. La bellezza non è autentica se non nel suo rapporto con la verità.
La natura attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio (Rm 8,19) e l’uomo si sente come
smarrito nella ricerca di una bellezza fuori della sua portata. L’umanità sta aspettando qualcosa, o
meglio, sta aspettando qualcuno! Non hanno vino, non hanno festa: “oh se tu squarciassi il cielo e
scendessi”.
L’evento cristiano non è una filosofia o una nuova religione. E’ un fatto, una notizia! Qualcosa che
accade nella vita e la cambia… E’ un incontro con Cristo Risorto! “Quello che era da principio,
quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che
abbiano contemplato, che le nostre mani hanno toccato, ossia il verbo della vita, si è fatto
visibile a noi e lo annunciamo anche a voi affinché la vostra gioia sia piena” (1 Gv 1,1).
Il Mistero Pasquale di Cristo proietta una nuova luce sull’uomo e sul significato della sua esistenza.
Dio ha risuscitato il suo servo Gesù e l’uomo ha nuovamente accesso all’albero della vita. Lui ha
vinto la morte ed ha preso la nostra carne umana e l’ha portata ad una trascendenza più alta degli
astri, facendoci entrare nella divinità come figli di Dio.

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Questa Epifania dell’invisibile che apre alla trascendenza e all’eternità apporta un nuovo slancio
alla bellezza, offuscata dall’inconsistenza e dall’effimero, catapultandola alla festa senza fine alla
quale aspira ogni uomo. La gioia di vivere, la pienezza, la speranza che genera l’annuncio del
Vangelo è stato l’humus, terreno fertile che ha favorito enormemente, nel corso di tutta la storia, lo
sviluppo della scienza e dell’arte.
La bellezza della comunità cristiana si manifesta nella comunione fraterna, capace di superare ogni
barriera: in essa appare la gratuità dell’amore nella cura per i più bisognosi. Ogni individuo, schiavo
o libero, uomo o donna, viene accolto come figlio di Dio.
Nella liturgia appare la bellezza dell’amore di Cristo, capace di farci sperimentare, nella
celebrazione della comunione con Dio e con i fratelli, la pienezza e la felicità alla quale aspira ogni
uomo.
La bellezza della liturgia e della comunità cristiana è stata la fonte della quale è scaturita una parte
incomparabile del patrimonio artistico e culturale dell’umanità.
San Tommaso mette in relazione la bellezza con il piacere. Dio, attraverso la bellezza della natura
da lui creata, ci mostra il suo amore. E’ proprio la bellezza e la bontà della natura a generare in noi
una emozione estetica, un piacere attraverso il quale ci sentiamo amati. Il linguaggio della natura è
un linguaggio di amore.
E’ attraverso Cristo crocifisso, immagine del Dio invisibile, irradiazione della sua gloria e impronta
della sua sostanza, che ci viene svelato il senso profondo della bellezza: l’amore. In Lui appare un
amore nuovo, che non c’è nel mondo, la Caritas. Un amore che tutto crede, tutto spera, sopporta
tutto, non tiene conto del male e che arriva ad amare anche il nemico. “Cristo ha dato la sua vita per
noi quando eravamo malvagi”. Una bellezza nuova che include la sofferenza, il dolore e la morte.
Dio appare in Cristo come bellezza crocifissa per noi. Lui è il più bello fra i figli dell’uomo. Gesù
Cristo è la bellezza suprema, lo splendore della verità, la sola bellezza che sfida il male e trionfa
sulla morte.
Questo amore, versato nei cuori dei credenti per mezzo dello Spirito Santo, ci rende partecipi della
vita divina, riconducendoci alla bellezza originaria: la creatura elevata alla figliolanza divina.
E’ stato l’incontro con Cristo Risorto che ha fatto sì che Matto Ricci, giovane della borghesia di
Macerata con un brillante avvenire, lasciasse tutto per partire per l’Oriente, sapendo che non
sarebbe mai tornato. Non è andato in Cina per portare la cultura occidentale ma per portare la vita
immortale per mezzo dell’annunzio del Vangelo, accettando ingiurie ed opposizioni.

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E’ proprio l’amore che portava dentro a metterlo nella condizione di poter vedere la grandezza e la
bellezza della cultura cinese. Li Madu ha amato profondamente la Cina e il nobile popolo cinese,
che, ancora oggi, corrisponde a questo amore con un ricordo perenne.
Il suo biografo, Giulio Aleni, ci riporta diversi fatti di sapore francescano che colpivano chiunque si
avvicinasse a Matteo Ricci e compagni, scorgendo i segni della loro bellezza interiore: “un giorno
un tale scavalcò il muro posteriore per rubare della legna. A quello della casa che cercava di
fermarlo, Maestro Ricci comandò di lasciarlo andar via con la legna, dicendo: perché
disputare con questo per una cosa di poco valore, tanto più se egli è venuto a causa della sua
povertà? E portò egli stesso la legna verso al muro e la consegnò all’uomo, il quale, con
vergogna, ringraziò e se ne andò”. Riferisce inoltre: “un giorno alcuni ladri entrarono con
forza in casa per rubare e vennero catturati dalle autorità e condannati al carcere duro.
Maestro Ricci ebbe compassione di loro e intercedette con insistenza presso le autorità perché
fossero liberati. Tutti furono sopraffatti dall’ammirazione di fronte a tale virtù di Maestro
Ricci”.
Chi sono questi uomini che hanno lasciato tutto e stanno in mezzo a noi senza chiedere nulla per sé?
Quale è la fonte della loro saggezza?
Paolo Xu Guangqi, che ha seguito le orme di Matteo Ricci ed ha servito il suo paese con grande
sapienza e disinteresse, ci dà la risposta: “la generosa elargizione di conoscenza e di strumenti
scientifici operata da Matteo Ricci e dai suoi compagni gesuiti è il risultato della messa in
pratica del divino comandamento dell’amore. Molte cose hanno portato i missionari per la
prosperità del paese e per il benessere del popolo nel campo della matematica e della
cartografia, ma la più buona di tutte è il Vangelo di Cristo con la promessa della liberazione
del peccato e della salvezza eterna”.
I letterati ed il popolo vedevano in Padre Matteo Ricci e nei suoi compagni il riflesso di Cristo
crocifisso: la bellezza della santità.
Scrive San Cirillo: “una rassomiglianza spirituale è impressa in coloro che sono diventati
partecipi della natura di Cristo e la bellezza della sua inesprimibile divinità risplende nelle
anime dei Santi”.
La bellezza risplende in maniera unica sul volto di Cristo, di sua Madre e dei Santi.
Speriamo che presto siano canonizzati Padre Matteo Ricci e Xu Guangqi.



Due Preghiere, una dal Mare, l'altra dalla Terra





L’ULTIMA PREGHIERA dal Mare

Madre della vita, Madre del cielo e del mare,
travolta ormai da queste onde impietose
rivolgo a te la mia ultima preghiera.

Sono fuggita dall'orrore della guerra
e cercando un approdo ho trovato il terrore del naufragio:
le acque ora mi sommergono e tingono il sole di blu
ed io che annego, mi aggrappo non ad una zattera
ma a questa mia ultima anonima preghiera:

Non lasciare che con me affoghi la speranza,
non permettere che la mia morte sia dimenticata e vana;
Ascolta il grido dei tuoi figli annegati e
non lasciare naufragare ciò che resta di umano!
Ti supplico da questa mia croce di schiuma, solitudine e dolore:
l’indifferenza non prevalga sulla pietà,
il rifiuto sull’accoglienza e l’egoismo sull’amore.

Madre della vita, Madre di tutti,
Madre di chi cerca accoglienza e di chi accoglie,
Madre di chi bussa e di chi non apre.
Tu che conosci il dolore, il rifiuto e l'abbandono,
dal profondo dei flutti ti invoco:
donami la fiducia che in cielo per me
le porte e i cuori saranno aperti, 
tu che sei Madre, consola il grido dei miei genitori,
e portagli con le maree questo mio ultimo bacio
e la certezza che le grandi acque non spegneranno l'amore.

Madre dei cuori aperti



DEDICATA ALLE VITTIME DEL MARE E DELL'INDIFFERENZA




Preghiera alla Vergine
delle Vittime del Mare 



Ave Maria, Vergine del Mare e dei migranti, 
Vergine dei cuori aperti,
Purissima Consolatrice degli afflitti, 
Soccorso dei naufraghi e Madre della Compassione;
Solo ti chiedo che la vita umana in balia del mare 
non mi sia indifferente,
aiutaci Tu a vincere egoismo, 
sconforto, abitudine e impotenza.

Ispiraci Tu, che conosci i cuori, 
a sentire l’urgenza di fare qualcosa di utile e concreto.
Sono i nostri fratelli quelli che muoiono in mare, 
donaci occhi per vedere.
Sono le nostre sorelle che gridano e implorano aiuto, 
donaci orecchie per ascoltare.
I nostri figli ci guardano e imparano da noi 
il valore della vita, donaci cuori aperti
 per poter insegnare loro che la sacralità di ogni uomo 
non ha bandiera, passaporto o colore.