Mostra di Pittura
di Francesco Astiaso Garcia
D E S P E R T A D
M O R T A L E S
Canciones del Alma
INAUGURAZIONE : Venerdì 14
luglio – Ore 18.30
APERTURA MOSTRA : dal 12 al 23 luglio, Ore 16.00 - 20.00
presso la Sala Dalì dell’ Instituto CERVANTES, Piazza Navona, 91-92
La mostra presenta più di cinquanta dipinti e
disegni focalizzati sul
ritratto e la figura umana alla luce della poesia dei grandi mistici spagnoli.
La visione antropologica di San Juan de la Cruz,
Santa Teresa d’Avila e Fray Luis de León ha costituito per me una forte
ispirazione; per questa ragione desidero che i loro versi, in lingua originale
e tradotti in italiano, siano offerti ai visitatori lungo il percorso espositivo,
in modo da offrire un’esperienza estetico-contemplativa.
Santa Teresa sfida gli artisti: “L’amore
ha impresso nella mia anima un’immagine di te Altissimo, così bella, che
nessun pittore, per quanto sapiente, sarebbe capace di rappresentare”.
Come fare attraverso la pittura a rendere
presente l'eternità, la divina somiglianza, la presenza dell'anima nell'uomo? La bellezza passa fugacemente, ma l'uomo è molto di
più di un corpo che invecchia, si ammala e muore; quando un artista dipinge un
uomo, non può limitarsi a ritrarre una presenza estetica; dov’è dunque la
bellezza che ignora lo scorrere del tempo?
Nella pittura cerco una sintesi tra la
modernità e la tradizione, tra i canoni della bellezza classica e le
avanguardie della pittura del nostro tempo.
Per mezzo del disegno e della forma
cerco la rappresentazione anatomica e attraverso la pittura astratta ed
informale, i moti dell’ animo e il mondo interiore.
I ritratti di questa mostra sono
trasparenti, eterei, come trasfigurati; cerco un equilibrio tra il
nascondere e il rivelare che conferisca al ritratto fragilità e leggerezza.
L’evanescenza è il simbolo dell’
irraggiungibile, il tratto caratteristico di un’iconografia contemporanea volta
alla trascendenza.
Chi siamo, da dove veniamo, dove
andiamo? Questi sono interrogativi che da sempre accompagnano gli uomini
di ogni appartenenza, credo e condizione.
Tutti ricerchiamo una sazietà che non
passa, ci portiamo dentro una forte sete d'infinito, un anelito profondo
di bellezza e di vita piena.
I mistici spagnoli rivelano la natura
immortale dell’uomo e la piena dignità di ogni persona.
Ogni uomo porta in se l'eternità, non
credere alla grandezza della propria anima conduce alla disperazione.
Le parole dei
mistici spagnoli sono canzoni dell'anima, ci conducono a spostare i nostri
orizzonti nel verticale, aprono il cammino della fede, ci strappano alla rassegnazione,
all’accomodamento del quotidiano e all’affarismo materiale che ci abbassa e ci
toglie la gioia; I loro versi sollevano l’uomo dalle realtà
caduche e instabili a quelle eterne;
possono guarirci dal ripiegamento in noi stessi, lasciandoci scorgere l’enigma
della riconciliazione infinita che non viviamo ancora, ma a cui aneliamo dal
profondo del cuore.
Il mondo ha bisogno di Bellezza per non
cedere alla disperazione.
La bellezza ci trasforma, se le
permettiamo di parlarci, può condurci in nuovi spazi, a volte sembra chiederci
di cambiare vita. Artisti e mistici sono
testimoni dell’invisibile, della realtà che non si vede se non con altri occhi;
artisti e mistici hanno il compito di rendere partecipe della
vita divina l'umanità e allo stesso tempo condividere con essa la profondità
del suo limite.
Desidero dedicare il
titolo della mostra al monito quanto mai attuale di Fray Luis de León: “Despertad mortales,
levantad los ojos!” “Svegliatevi mortali,
alzate gli occhi!”.
La bellezza ci ricorda che alle nostre esistenze qualcosa manca, qualcosa che non è possibile colmare con l'abbondanza materiale. Di fronte al dolore, all'imperfezione e alla transitorietà delle nostre affezioni e delle nostre gioie, la bellezza risveglia in noi la nostalgia di un'esistenza più perfetta. Al termine di questo nostro viaggio visivo–contemplativo si ripropone la grande domanda: “Se l’uomo è immagine di Dio sarà in grado di diventare anche somiglianza di Dio? Ne sarà un’immagine somigliante o un rottame sfigurato e corrotto?”.
La bellezza ci ricorda che alle nostre esistenze qualcosa manca, qualcosa che non è possibile colmare con l'abbondanza materiale. Di fronte al dolore, all'imperfezione e alla transitorietà delle nostre affezioni e delle nostre gioie, la bellezza risveglia in noi la nostalgia di un'esistenza più perfetta. Al termine di questo nostro viaggio visivo–contemplativo si ripropone la grande domanda: “Se l’uomo è immagine di Dio sarà in grado di diventare anche somiglianza di Dio? Ne sarà un’immagine somigliante o un rottame sfigurato e corrotto?”.
L' animo umano è abitato dal desiderio
di trascendere tutti i limiti, la bellezza è fragile custode di questo
insopprimibile anelito. Non è l’uomo che salva la bellezza; è la bellezza che
salva l’uomo. Nella povertà del dubbio e della desolazione, dobbiamo poterci ancora aggrappare alla prospettiva della bellezza.
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