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Cuori Ardenti e Spiriti Vivi |
Ieri mi è capitata tra le mani una splendida
lettera di Lorenzo Milani indirizzata ai magistrati; Lorenzo Milani affronta il
problema della buona scuola e dell'istruzione con una passione e un trasporto
che non possono lasciare indifferente chiunque si interroghi con animo sincero
sul grave compito della formazione e della trasmissione dei valori alle nuove
generazioni. Don Lorenzo Milani è uno di quegli uomini che non si accontentano
di stare in salotto o in sagrestia. Ha dedicato la sua vita ai giovani, ha
rinunciato all'arte e ai suoi sogni di gloria per loro.
Dal seminario Lorenzo Milani troverà tempo per
andare a trovare il suo maestro di pittura Staude, che tutto era tranne che
cattolico e che gli chiede il motivo della sua scelta di farsi prete. "È
tutta colpa tua - risponde il giovane Milani... Perché tu mi hai parlato della
necessità di cercare sempre l'essenziale, di eliminare i dettagli e di
semplificare, di vedere le cose come un'unità dove ogni parte dipende
dall'altra. A me non bastava fare tutto questo su un pezzo di carta. Non mi
bastava cercare questi rapporti tra i colori.
Ho voluto cercarli tra la mia vita e le persone
del mondo.
E ho preso un'altra strada."
Abbiamo urgente bisogno di cuori ardenti e
spiriti vivi! Desidero perciò condividere, qui sul mio blog, alcuni stralci del
testo, di chi ha saputo, con la vita e le parole, trasmettere ardore e amore
per il meraviglioso e grave compito dell' insegnare.
Scrive Lorenzo Milani: ...Ognuno deve sentirsi
responsabile di tutto. Su una parete della nostra scuola c'è scritto grande
"I CARE". E' il motto intraducibile dei giovani americani migliori,
"ME NE IMPORTA, MI STA A CUORE" il contrario esatto del motto
fascista "Me ne frego. Voi, non sapete leggere la prima pagina del
giornale, quella che conta, e vi buttate come disperati sulle pagine dello sport.
E’ chi comanda che vi vuole così, perché chi sa leggere la prima pagina del
giornale sarà domani il padrone del mondo.
Bisognerà dunque accordarci su ciò che è scuola
buona.
La scuola è diversa dall’aula del tribunale.
Per voi magistrati vale solo ciò che è legge
stabilita.
La scuola invece siede fra il passato e il
futuro e deve averli presenti entrambi. È l’arte delicata di condurre i ragazzi
su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità (e in
questo somiglia alla vostra funzione), dall’altro la volontà di leggi migliori
cioè di senso politico (e in questo si differenzia dalla vostra funzione).
La tragedia del vostro mestiere di giudici è
che sapete di dover giudicare con leggi che ancora non sono tutte giuste.
Sono vivi in Italia dei magistrati che in
passato han dovuto perfino sentenziare condanne a morte. Se tutti oggi
inorridiamo a questo pensiero dobbiamo ringraziare quei maestri che ci
aiutarono a progredire, insegnandoci a criticare la legge che allora vigeva.
Ecco perché, in un certo senso, la scuola è fuori del vostro ordinamento
giuridico.
Il ragazzo non è ancora penalmente imputabile e
non esercita ancora diritti sovrani, deve solo prepararsi a esercitarli domani
ed è perciò da un lato nostro inferiore perché deve obbedirci e noi rispondiamo
di lui, dall’altro nostro superiore perché decreterà domani leggi migliori
delle nostre. E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare
i "segni dei tempi", indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle
che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso. In quanto
alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che
l’unico modo d’amare la legge e d’obbedirla.
Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in
tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando
sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè
quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano
cambiate. Questa tecnica di amore costruttivo per la legge l’ho imparata
insieme ai ragazzi mentre leggevamo il Critone, l’Apologia di Socrate, la vita
del Signore nei quattro Vangeli, l’autobiografia di Gandhi, le lettere del
pilota di Hiroshima. Vite di uomini che sono venuti tragicamente in contrasto
con l’ordinamento vigente al loro tempo non per scardinarlo, ma per renderlo
migliore. Del resto ho già tirato su degli ammirevoli figlioli. Ottimi
cittadini e ottimi cristiani. Nessuno di loro è venuto su anarchico. Nessuno è
venuto su conformista. Informatevi su di loro. Essi testimoniano a mio favore.
Ci presentavano l’Impero come una gloria della Patria!
Avevo 13 anni. Mi par oggi. Saltavo di gioia
per l’Impero.
I nostri maestri s’erano dimenticati di dirci
che gli etiopici erano migliori di noi. Che andavamo a bruciare le loro capanne
con dentro le loro donne e i loro bambini mentre loro non ci avevano fatto
nulla. Quella scuola vile, consciamente o inconsciamente non so, preparava gli
orrori di tre anni dopo. Preparava milioni di soldati obbedienti. Obbedienti
agli ordini di Mussolini. Anzi, per esser più precisi, obbedienti agli ordini
di Hitler. Cinquanta milioni di morti.
E dopo esser stato così volgarmente mistificato
dai miei maestri quando avevo 13 anni, ora che sono maestro io e ho davanti
questi figlioli di 13 anni che amo, vorreste che non sentissi l’obbligo non
solo morale, ma anche civico di demistificare tutto, compresa l’obbedienza
militare come ce la insegnavano allora? Che idea si potranno fare i giovani di
ciò che è crimine?
A Norimberga e a Gerusalemme sono stati
condannati uomini che avevano obbedito. L’umanità intera consente che essi non
dovevano obbedire, perché c’è una legge che gli uomini non hanno forse ancora
ben scritta nei loro codici, ma che è scritta nel loro cuore. Una gran parte
dell’umanità la chiama legge di Dio, l’altra parte la chiama legge della
Coscienza. Quelli che non credono ne all’una ne all’altra non sono che
un’infima minoranza malata. Sono i cultori dell’obbedienza cieca.
A dar retta ai teorici dell’obbedienza e a
certi tribunali tedeschi, dell’assassinio di sei milioni di ebrei risponderà
solo Hitler. Ma Hitler era irresponsabile perché pazzo. Dunque quel delitto non
è mai avvenuto perché non ha autore.
C’è un modo solo per uscire da questo macabro
gioco di parole.
Avere il coraggio di dire ai giovani che essi
sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più
subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo ne davanti
agli uomini ne davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico
responsabile di tutto.
A questo patto l’umanità potrà dire di aver
avuto in questo secolo un progresso morale parallelo e proporzionale al suo
progresso tecnico.
Il Concilio di Trento è esplicito su questo
punto (Catechismo III parte, IV precetto, 16° paragrafo): "Se le autorità
politiche comanderanno qualcosa di iniquo non sono assolutamente da
ascoltare".
Tutti sanno che la Chiesa onora i suoi martiri.
Poco lontano dal vostro Tribunale essa ha eretto una basilica per onorare
l’umile pescatore che ha pagato con la vita il contrasto fra la sua coscienza e
l’ordinamento vigente. S. Pietro era un "cattivo cittadino". I vostri
predecessori del Tribunale di Roma non ebbero tutti i torti a condannarlo.
Eppure essi non erano intolleranti verso le
religioni. Avevano costruito a Roma i templi di tutti gli dei e avevano cura di
offrire sacrifici ad ogni altare.
In una sola religione il loro profondo senso
del diritto ravvisò un pericolo mortale per le loro istituzioni. Quella il cui
primo comandamento dice: "Io sono un Dio geloso. Non avere altro Dio fuori
che me".
A quei tempi era dunque inevitabile che i buoni
ebrei e i buoni cristiani paressero cattivi cittadini.
Poi le leggi dello Stato progredirono.
Lasciatemi dire, con buona pace dei laicisti, che esse vennero man mano
avvicinandosi alla legge di Dio. Così va diventando ogni giorno più facile per
noi esser riconosciuti buoni cittadini. Ma è per coincidenza e non per sua
natura che questo avviene. Non meravigliatevi dunque se ancora non possiamo
obbedire tutte le leggi degli uomini. Miglioriamole ancora e un giorno le
obbediremo tutte. Vi ho detto che come maestro civile sto dando una mano
anch’io a migliorarle.
...non posso fare a meno di dichiararvi
esplicitamente che seguiterò a insegnare ai miei ragazzi quel che ho insegnato
fino a ora. Cioè che se un ufficiale darà loro ordini da paranoico hanno solo
il dovere di legarlo ben stretto e portarlo in una casa di cura.
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