Anteprima del M A N I F E S T O "Pulchritudinis Studium Habentes"

 


Sono onorato di annunciare che martedì prossimo, 2 dicembre, alle ore 18:00, presso la prestigiosa Galleria La Pigna, presenterò l'anteprima del mio M A N I F E S T O "Pulchritudinis Studium Habentes".

Questo evento si inserisce nel contesto della decima edizione del FESTIVAL DELLE ARTI, interamente dedicato ai DIRITTI UMANI, per gentile invito della Direttrice Artistica, Isabel Russinova.

Il Manifesto è concepito come un urgente appello rivolto a tutti coloro che, in ogni ambito, cercano e servono la Bellezza come via maestra di verità, giustizia e riconciliazione.

Nasce dal profondo desiderio di dare voce a una generazione di artisti, scienziati e pensatori che, pur vivendo la complessità del mondo contemporaneo, rifiutano di rinunciare alla dimensione spirituale, simbolica e salvifica dell'arte.

In un'epoca caratterizzata da dispersione e frammentazione, credo che l'arte debba riscoprire la sua vera essenza, tornando ad essere luogo di unità e di dialogo profondo: un ponte tra fede e ragione, tra scienza e poesia, tra l’umano e il divino.

È il momento dell'ascolto autentico e del confronto coraggioso. Se Paolo VI ci esortava a "Convocare il pensiero" e Dossetti a "Convocare le menti", io aggiungo: "Convocate gli artisti".

Solo attraverso un dialogo sincero e libero, fatto di idee e visioni condivise, potremo riaprire un dibattito fondamentale. Il sapere si moltiplica quando viene condiviso, è nella conversazione delle menti che si accende la fiamma della verità.

Vi aspetto per accendere insieme questa fiamma.

Francesco Astiaso Garcia

 

Il Circo in Fiamme

 

Disegno di Kiko Arguello

Un circo in Danimarca prende fuoco.

Il direttore manda il pagliaccio, già truccato e vestito per lo spettacolo, al villaggio vicino per chiedere aiuto.

Il pagliaccio corre e implora gli abitanti di venire subito a spegnere l’incendio, altrimenti il fuoco raggiungerà il villaggio.

Ma la gente, vedendolo vestito da clown, crede che stia solo scherzando, e applaude e ride.

Più lui grida, più la gente si diverte, finché il fuoco arriva davvero, e tutto viene distrutto.

La parabola del pagliaccio e del circo in fiamme, amata e commentata da Benedetto XVI, esprime con forza la condizione della Chiesa nel mondo moderno dove mentre il fuoco avanza, nessuno prende sul serio il pericolo.

Per Ratzinger, questo è il dramma del nostro tempo: la Chiesa annuncia con sincerità e dolore che il mondo rischia di perdersi, ma il mondo non ascolta, credendo che si tratti di parole antiquate o di retorica religiosa.

Il circo in fiamme è l’immagine di una civiltà che brucia, incapace di riconoscere il male e di reagire. Il pagliaccio rappresenta la fede che continua, nonostante tutto, a gridare la verità, nella speranza che qualcuno finalmente comprenda e si salvi.

"La nave è ormai in mano al cuoco di bordo, ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta ma ciò che mangeremo domani"

Kierkegaard scrisse queste parole nel suo diario in pieno Ottocento, eppure sembrano quantomai attuali, descrivono infatti molto bene l’epoca disorientata e relativista  in cui viviamo.

Oggi più di ieri si è perso il senso della rotta, gli ideali e le sfide che hanno infiammato le generazioni del secolo scorso sembrano ormai dimenticati, sostituiti dalle mode superficiali.

Se il mondo cade a picco l'importante è non pensarci troppo, l'unica cosa indispensabile è la distrazione, panem et circenses!

E' stato quanto mai paradigmatico l'invito del presidente statunitense George Bush, l'indomani dell'attentato alle Torri Gemelle: "State tranquilli, è tutto sotto controllo, RITORNATE A FARE SHOPPING".

Francesco Astiaso Garcia

Sulla Striscia di Gaza

 



Ieri sera ho tracciato un rapido disegno del volto di Cristo su una cartina geografica.Non saprei dire quali terre o mari vi siano disegnati, ma spontaneamente il pensiero è andato alla Striscia di Gaza, a quel frammento di mondo che oggi più di altri sembra riflettere il Suo dolore.

Su una mappa che un tempo serviva a orientare rotte e confini, prende forma il volto di Cristo: un volto che non domina la terra, è una cartografia della compassione, dove ogni nazione non è più bottino di conquista, ma terra di pianto e di redenzione. Cristo piange sulle geografie del potere e del profitto, trasfigurando le ingiustizie e le avidità umane.

Nella Città di Dio, sant’Agostino racconta un celebre aneddoto: Alessandro Magno, dopo aver catturato un pirata, gli chiede con quale audacia osi infestare il mare. Il pirata risponde senza esitazione: “Con la stessa audacia con cui tu infesti la terra. Io con una piccola nave sono chiamato ladro; tu con una grande flotta, imperatore.”

In poche battute, Agostino rovescia il paradigma della giustizia storica e smaschera il principio pericoloso su cui si fonda la retorica della legittimazione del potere: non è la giustizia a decretare la liceità degli atti, ma la forza, la scala e il successo. Non chi ha ragione, ma chi vince scrive la morale. La storia non premia i giusti, ma i più forti, e spesso traveste le conquiste con abiti di nobiltà posticcia.

Agostino, con la lucidità di un pensatore che ha attraversato la caduta dell’Impero Romano, invita a guardare oltre le apparenze del dominio. Il suo racconto non è solo una critica al potere politico, ma una provocazione etica e spirituale: quando il potere si autocelebra come giustizia, la coscienza deve imparare a distinguere, a discernere, a resistere.

Oggi, in un tempo saturo di narrazioni vincenti, slogan seducenti e costruzioni mediatiche che rivestono di senso le sopraffazioni, abbiamo più che mai bisogno di uno sguardo capace di riconoscere la retorica del potere e di disinnescarla. E magari, come quel pirata, di farlo con l’arma sottile dell’ironia e della verità.

Là dove scorrono le lacrime del mondo, lì è presente Cristo.

Non nei palazzi del potere, né tra i trionfi della storia, ma nelle pieghe nascoste della sofferenza umana: nei confini feriti, nelle ingiustizie taciute, nei volti dimenticati.

Cristo abita il dolore non per esaltarlo, ma per trasfiguralo; per trasformare la mappa del mondo in un luogo di redenzione, dove le frontiere diventano ferite guarite e la terra si fa corpo che attende la resurrezione.

Francesco Astiaso Garcia