Fortezza di Grazia


Festeggiare undici anni di matrimonio sulla Grande Muraglia cinese è stato un dono del Cielo. Un’esperienza carica di significato. Forse un segno: anche l’amore, come la Muraglia, ha bisogno di solide fondamenta. Va custodito e protetto con pazienza, fedeltà e fiducia.

Il matrimonio è un cammino che chiede dedizione e cura, una chiamata a trasformare, con amore operoso, il deserto in giardino, il quotidiano in festa, la fatica in pace. Ma l’amore va anche protetto. Come scrive Rainer Maria Rilke, “due desideri infiniti si incontrano con due limiti infiniti”. Ed è lì che nasce la sfida più vera: riconoscere che l’amore non è un sogno che incanta, ma un’opera che si costruisce.

C’è chi dice che il matrimonio è la tomba dell’amore. Non è vero. Il tempo non è il nemico dell’amore, ma un'occasione per continue rinascite. La vera minaccia è l’egoismo e la visione romantica, fragile e superficiale dell’amore. L’amore autentico va protetto proprio da questo. Solo quando l’ho compreso, ho potuto sposarmi.

Ho letto parole splendide di Tolkien, rivolte al figlio, che mettono in guardia dall’idealizzazione dell’amore romantico:

“L’amore romantico distoglie dalle donne così come sono davvero: compagne nelle sfide della vita, non stelle-guida. Fa dimenticare i loro desideri, bisogni, fragilità. Incute l’illusione di un amore vero come esaltazione permanente, che non contempla il passare degli anni, i figli che arrivano, la vita di tutti i giorni... Quasi tutti i matrimoni, anche quelli felici, sono errori: nel senso che, quasi certamente, entrambi avrebbero potuto trovare compagni più adatti. Ma la vera anima gemella è quella che hai sposato.”

L’amore è una grazia. Un dono gratuito che non si conquista e non si merita, ma che tutti possiamo accogliere e vivere, desiderandolo profondamente e scegliendoci ogni giorno, con la grazia di Dio.












MOSTRA PERSONALE A PECHINO 2025


Discorso di apertura della mia mostra in Cina, organizzata dalla Fondazione Padre Matteo Ricci e dal Centro Mondiale di Sinologia per il Dialogo Interculturale, in occasione dell’inaugurazione che si è tenuta il 3 giugno 2025, presso la Galleria d'Arte dell'Università degli Studi Esteri di Pechino:


Cari amici,

grazie di cuore per la vostra calorosa accoglienza e per la generosa ospitalità.

In un tempo che tende a dividersi e ripiegarsi su sé stesso, scegliamo la via dell’incontro: promuoviamo l’amicizia tra i popoli e un dialogo fecondo tra Oriente e Occidente. Mentre i sentimenti di appartenenza ad un'unica umanità si affievoliscono, attraverso l'arte contemporanea, vogliamo celebrare la bellezza del mondo e la sacralità di ogni essere umano. Mai come oggi il mondo ha bisogno di bellezza, di senso e di amicizia, per non sprofondare nella disperazione.

Sulle orme di Matteo Ricci, siamo giunti dall’Italia fino a questa vostra terra, così ricca di storia e di sapienza, non per portare certezze o lezioni, ma mossi da un desiderio condiviso: quello di bellezza, di verità, di pienezza. È da questa sete comune che può nascere un’amicizia autentica, capace di superare ogni distanza e di costruire ponti tra culture diverse. Questo nostro incontro rappresenta una preziosa opportunità per rinnovare e approfondire l’amicizia storica tra Italia e Cina, nel segno del rispetto reciproco e del desiderio sincero di apprendere gli uni dagli altri. I nostri due popoli hanno da sempre mostrato un vivo interesse nello studio e nella conoscenza delle rispettive culture. 

François Cheng, il cui nome cinese significa "Colui che comprende l'unità" sottolinea che ad un primo sguardo, le visioni della bellezza in Oriente e in Occidente possono sembrare distanti, quasi inconciliabili. Ma quando ci si addentra con sincerità nel cuore di queste tradizioni, fino a toccare le corde più profonde del sentire, ci si scopre accomunati dallo stesso mistero indicibile che ci avvolge e ci unisce. È in questa dimensione che il dialogo diventa non solo possibile, ma necessario e fecondo. I grandi valori della sapienza cinese affondano le radici nell’osservazione attenta delle leggi della natura e dell’universo, nella ricerca del senso profondo di una vita buona, vissuta in armonia con il cosmo.

Quando si cerca la verità, mossi da uno spirito autentico, senza pregiudizi, anche se si giunge a conclusioni diverse, queste conclusioni hanno tra loro qualcosa di molto profondo che le accomuna tutte! Credo che la possibilità di scorgere questo sottile filo rosso sia il contributo più significativo di questa nostra mostra.

La mostra "Sotto lo Stesso Cielo" nasce da tre sguardi: Il primo è lo sguardo limpido e disarmato dei bambini, capace di cogliere la verità con purezza. Il secondo è lo sguardo contemplativo rivolto alla natura, la nostra casa comune, con la sua armonia e fragilità. Il terzo è lo sguardo profondo sull’essere umano, sul mistero della sua anima.

Lo sguardo dei bambini è uno sguardo che accoglie, non giudica.
Attraverso i loro occhi, la vita ci appare ancora integra, ancora possibile. Si dice che il mondo non sia l’eredità dei nostri genitori, ma il prestito dei nostri figli. Un'immagine potente, che ci restituisce con chiarezza la misura della nostra corresponsabilità!

Stiamo facendo abbastanza perché quella luce nei loro occhi non si spenga? Perché possano continuare a guardarci con fiducia? Perché in noi possano scorgere un riflesso di speranza? Dobbiamo riflettere sull'interdipendenza di tutti gli esseri umani e agire insieme, per affrontare il grave degrado umano, etico e sociale del mondo; le sole misure tecniche ed economiche non sono sufficienti.

Il secondo sguardo è rivolto alla bellezza della natura: i cieli, le acque, il fuoco, il vento, le montagne... Nei paesaggi che dipingo cerco l’eco di un’armonia profonda. Quella che la scienza riconosce come ordine fisico, e che l’arte intuisce come segno di una bellezza originaria.  Matteo Ricci scrisse che solo l'uomo spirituale sa leggere il grande libro del cielo e della terra. 

Ogni artista scopre che in fondo la bellezza è semplicemente la logica che decifriamo dallo studio delle leggi della natura. Ciò che colpisce più di ogni altra cosa è la perfetta coerenza che regola le leggi fisiche dell’universo. L’intero cosmo si comporta come un’orchestra in cui ogni strumento segue uno spartito preciso, rivelando un ordine profondo e un’intelligenza sottesa. Ogni albero, ogni stella, ogni onda ha la sua musica. Questa armonia suggerisce un disegno unitario che lega ogni elemento in un equilibrio perfetto. E l’arte, nel suo gesto più umile e sincero, è il tentativo di ascoltarla e di restituirne l’eco sulla tela. Come insegna la sapienza cinese: Due fiumi, per quanto diversi, riflettono la stessa luna. La dignità dell'artista consiste nel suo dovere di tenere vivo il senso della meraviglia del mondo. 

Il terzo sguardo è rivolto all’uomo: nei volti che dipingo cerco un equilibrio tra il rivelare e il nascondere, tra la fragilità e la leggerezza; un’aura di trasparenza ed evanescenza, che allude a ciò che non si può afferrare ma che ci abita: l’eterno. Ciò che mi interessa è far emergere dalla tela l’essenza spirituale, attraverso una sintesi tra modernità e tradizione, tra i canoni della bellezza classica e le intuizioni dell’arte contemporanea. Per risollevare l'uomo dalla sua desolata condizione esistenziale è certamente necessario discutere di politica, di economia o ecologia ma è ancora più urgente e indispensabile rivelare all'uomo la verità su sé stesso: la sua sacralità, la sua dignità, la sua vocazione all’eternità; Forse il primo compito dell’arte è proprio questo: risvegliare nell’animo umano la nostalgia del vasto e dell’infinito, la sete di Verità, Giustizia e Bellezza che ci rende pienamente umani.

In questo dialogo tra volto e cosmo, tra uomo e natura, Oriente e Occidente si sfiorano, si riconoscono, si arricchiscono. Quando ci lasciamo toccare dal mistero, ci scopriamo parte della stessa umanità!

La bellezza risveglia in noi la nostalgia di un’esistenza più piena, più vera. Ci sussurra che alle nostre vite manca qualcosa che nessuna ricchezza materiale potrà mai colmare. Il desiderio — dal latino de-sidera, mancanza di stelle — è il segno di questa assenza di cielo, sete d’infinito, nostalgia di eternità. È la voce interiore che reclama senso, quella che ci rende pienamente umani. Abbiamo bisogno di riscoprire il Sacro (nel lessico cinese Shen Sheng), superare la tiepidezza spirituale, svegliare il desiderio sopito di Dio. Tutti dobbiamo sentirci coinvolti nel favorire la ricerca globale di senso e di felicità, questa ricerca passa per la bellezza.

La figura di Matteo Ricci è una guida luminosa in questo cammino. Lui, che attraversò mari e mentalità per costruire ponti. Lui, che credette che la bellezza, il sapere e l’amicizia potessero diventare linguaggio universale. Con questa mostra vorrei idealmente continuare il suo passo, sperando che in queste opere possiate percepire un soffio. Un invito a guardare in profondità. Un canto alla dignità di ogni essere umano, un abbraccio tra culture, un piccolo seme di pace. 

L’arte non può restare confinata sulla tela: deve farsi linguaggio vivo, generare incontro tra gli uomini. L'artista non può limitarsi a creare bellezza, ma la semina nel cuore della realtà, servendo la vita con la sua opera. La bellezza è una responsabilità condivisa.

“Forse il destino dell’uomo non è realizzare pienamente la giustizia,
ma avere perpetuamente fame e sete di giustizia. Ma è sempre un grande destino.”

Grazie, di cuore, per la vostra presenza.

Francesco Astiaso Garcia




































































La mostra è stata organizzata in continuità con l'evento "Due Sguardi una Bellezza" tenutosi all'Università Pontificia Gregoriana nel giugno del 2019.