La prima pietra (installazione) |
Chi è senza peccato scagli la prima pietra
Libertà d'Espressione: Quale censura è lecita e quale no?
Questo hanno scritto i principali giornali di tutto il mondo.
Recenti studi affermano che in Francia, novantasei gravidanze con sindrome di Down su cento, vengono interrotte e a tal proposito il deputato francese Olivier Dussopt ha detto:
"Quando sento che "purtroppo" il 96 per cento delle gravidanze con sindrome di Down finisce con l'aborto, la vera domanda che mi faccio è perchè ne rimane il 4 per cento"
Mi risparmio ogni giudizio, perchè sono parole raccapriccianti che si commentano da sole, parole che ci aiutano a capire come si è arrivati alla censura del video in questione.
Dice dunque la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati.
A questo punto è d'obbligo la domanda: La libertà d'espressione è sacra in ogni circostanza o solo quando difende vignette di pessimo gusto che non si limitano ad offendere l'uomo appartenente ad ogni fede ma arrivano ad un macabro scherno delle vittime del terremoto incitando all'odio e al razzismo? Cos'è la tolleranza, cosa il pluralismo e il rispetto di tutti?
Se difendere la vita e la Bellezza significa mostrare le incongruenze dei nostri tempi, mostriamole! Se difendere la vita e la Bellezza significa dissentire da ideologie varie, manifestiamo il nostro dissenso!
La Bellezza dei più piccoli |
Papa Francesco
Qlicca qui ; Ecco il video Censurato
Me ne importa, mi sta a cuore
Cuori Ardenti e Spiriti Vivi |
Don Lorenzo
Milani è uno di quegli uomini che non si accontentano di stare in salotto o in
sagrestia. Ha dedicato la sua vita ai giovani, ha rinunciato all'arte e ai suoi
sogni di gloria per loro; ha saputo, con la vita e le parole, trasmettere
ardore e amore per il meraviglioso e grave compito dell'insegnare.
Dal
seminario Lorenzo Milani troverà tempo per andare a trovare il suo maestro di
pittura Staude, che tutto era tranne che cattolico e che gli chiede il motivo
della sua scelta di farsi prete. "È tutta colpa tua - risponde il giovane
Milani... Perché tu mi hai parlato della necessità di cercare sempre
l'essenziale, di eliminare i dettagli e di semplificare, di vedere le cose come
un'unità dove ogni parte dipende dall'altra. A me non bastava fare tutto questo
su un pezzo di carta. Non mi bastava cercare questi rapporti tra i colori.
Ho voluto
cercarli tra la mia vita e le persone del mondo.
E ho preso
un'altra strada."
Ripeteva
Lorenzo Milani: “...Ognuno deve sentirsi responsabile di tutto. Su una parete
della nostra scuola c'è scritto grande "I CARE". È il motto
intraducibile dei giovani americani migliori, "ME NE IMPORTA, MI STA A
CUORE" il contrario esatto del motto fascista "Me ne frego. Voi, non
sapete leggere la prima pagina del giornale, quella che conta, e vi buttate
come disperati sulle pagine dello sport. È chi comanda che vi vuole così,
perché chi sa leggere la prima pagina del giornale sarà domani il padrone del
mondo!”.
Abbiamo
urgente bisogno di cuori ardenti e spiriti vivi come il suo! Desidero perciò
condividere alcuni stralci della splendida
lettera di Lorenzo Milani indirizzata ai magistrati nella quale, Lorenzo
Milani affronta il problema della buona scuola e dell'istruzione con una
passione e un trasporto che non possono lasciare indifferente chiunque si interroghi
con animo sincero sul grave compito della formazione e della trasmissione dei
valori alle nuove generazioni, se non l’avete ancora fatto VI PREGO LEGGETELA:
“…Bisognerà
dunque accordarci su ciò che è scuola buona.
La scuola è
diversa dall’aula del tribunale. Per voi magistrati vale solo ciò che è legge stabilita. La scuola invece siede fra il passato e il futuro e
deve averli presenti entrambi. È l’arte delicata di condurre i ragazzi su un
filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità (e in questo
somiglia alla vostra funzione), dall’altro la volontà di leggi migliori cioè di
senso politico (e in questo si differenzia dalla vostra funzione).
La tragedia
del vostro mestiere di giudici è che sapete di dover giudicare con leggi che
ancora non sono tutte giuste.
Sono vivi in
Italia dei magistrati che in passato han dovuto perfino sentenziare condanne a
morte. Se tutti oggi inorridiamo a questo pensiero dobbiamo ringraziare quei
maestri che ci aiutarono a progredire, insegnandoci a criticare la legge che
allora vigeva. Ecco perché, in un certo senso, la scuola è fuori del vostro
ordinamento giuridico. Il ragazzo non è ancora penalmente
imputabile e non esercita ancora diritti sovrani, deve solo prepararsi a
esercitarli domani ed è perciò da un lato nostro inferiore perché deve
obbedirci e noi rispondiamo di lui, dall’altro nostro superiore perché
decreterà domani leggi migliori delle nostre. E allora il maestro deve essere
per quanto può profeta, scrutare i "segni dei tempi", indovinare
negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi
vediamo solo in confuso. In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani,
non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge e d’obbedirla.
Posso solo
dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da
osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando
invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del
forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate. Questa tecnica di amore
costruttivo per la legge l’ho imparata insieme ai ragazzi mentre leggevamo il
Critone, l’Apologia di Socrate, la vita del Signore nei quattro Vangeli,
l’autobiografia di Gandhi, le lettere del pilota di Hiroshima.
Vite di
uomini che sono venuti tragicamente in contrasto con l’ordinamento vigente al
loro tempo non per scardinarlo, ma per renderlo migliore. Del resto ho già
tirato su degli ammirevoli figlioli. Ottimi cittadini e ottimi cristiani.
Nessuno di loro è venuto su anarchico. Nessuno è venuto su conformista.
Informatevi su di loro. Essi testimoniano a mio favore. Ci presentavano
l’Impero come una gloria della Patria!
Avevo 13
anni. Mi par oggi. Saltavo di gioia per l’Impero.
I nostri
maestri s’erano dimenticati di dirci che gli etiopici erano migliori di noi.
Che andavamo a bruciare le loro capanne con dentro le loro donne e i loro
bambini mentre loro non ci avevano fatto nulla. Quella scuola vile,
consciamente o inconsciamente non so, preparava gli orrori di tre anni dopo.
Preparava milioni di soldati obbedienti. Obbedienti agli ordini di Mussolini.
Anzi, per esser più precisi, obbedienti agli ordini di Hitler. Cinquanta
milioni di morti.
E dopo esser
stato così volgarmente mistificato dai miei maestri quando avevo 13 anni, ora
che sono maestro io e ho davanti questi figlioli di 13 anni che amo, vorreste
che non sentissi l’obbligo non solo morale, ma anche civico di demistificare
tutto, compresa l’obbedienza militare come ce la insegnavano allora? Che idea
si potranno fare i giovani di ciò che è crimine?
A Norimberga
e a Gerusalemme sono stati condannati uomini che avevano obbedito. L’umanità
intera consente che essi non dovevano obbedire, perché c’è una legge che gli
uomini non hanno forse ancora ben scritta nei loro codici, ma che è scritta nel
loro cuore. Una gran parte dell’umanità la chiama legge di Dio, l’altra parte
la chiama legge della Coscienza. Quelli che non credono né all’una né all’altra
non sono che un’infima minoranza malata. Sono i cultori dell’obbedienza cieca.
A dar retta
ai teorici dell’obbedienza e a certi tribunali tedeschi, dell’assassinio di sei
milioni di ebrei risponderà solo Hitler. Ma Hitler era irresponsabile perché
pazzo. Dunque quel delitto non è mai avvenuto perché non ha autore.
C’è un modo
solo per uscire da questo macabro gioco di parole.
Avere il
coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza
non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano
di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che
si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto.
A questo
patto l’umanità potrà dire di aver avuto in questo secolo un progresso morale
parallelo e proporzionale al suo progresso tecnico.
Il Concilio
di Trento è esplicito su questo punto (Catechismo III parte, IV precetto, 16°
paragrafo): "Se le autorità politiche comanderanno qualcosa di iniquo non
sono assolutamente da ascoltare".
Tutti sanno
che la Chiesa onora i suoi martiri. Poco lontano dal vostro Tribunale essa ha
eretto una basilica per onorare l’umile pescatore che ha pagato con la vita il
contrasto fra la sua coscienza e l’ordinamento vigente. S. Pietro era un
"cattivo cittadino". I vostri predecessori del Tribunale di Roma non
ebbero tutti i torti a condannarlo.
Eppure essi
non erano intolleranti verso le religioni. Avevano costruito a Roma i templi di
tutti gli dei e avevano cura di offrire sacrifici ad ogni altare.
In una sola
religione il loro profondo senso del diritto ravvisò un pericolo mortale per le
loro istituzioni. Quella il cui primo comandamento dice: "Io sono un Dio
geloso. Non avere altro Dio fuori che me".
A quei tempi
era dunque inevitabile che i buoni ebrei e i buoni cristiani paressero cattivi
cittadini.
Poi le leggi
dello Stato progredirono. Lasciatemi dire, con buona pace dei laicisti, che
esse vennero man mano avvicinandosi alla legge di Dio. Così va diventando ogni
giorno più facile per noi esser riconosciuti buoni cittadini. Ma è per
coincidenza e non per sua natura che questo avviene. Non meravigliatevi dunque
se ancora non possiamo obbedire tutte le leggi degli uomini. Miglioriamole
ancora e un giorno le obbediremo tutte. Vi ho detto che come maestro civile sto
dando una mano anch’io a migliorarle.
...non posso
fare a meno di dichiararvi esplicitamente che seguiterò a insegnare ai miei
ragazzi quel che ho insegnato fino a ora. Cioè che se un ufficiale darà loro
ordini da paranoico hanno solo il dovere di legarlo ben stretto e portarlo in
una casa di cura”.
Don Lorenzo
Milani
Anime Inquiete, Simone e Francesco
Simone Weil Francesco d' Assisi |
Quale similitudine può esserci tra il figlio del commerciante di tessuti di lana che visse ad Assisi all'inizio del tredicesimo secolo e la sindacalista che nel ventesimo secolo fra le due guerre mondiali, chiede una risposta all'interrogativo posto dall'esistenza del dolore umano? Cosa hanno in comune il Santo patrono d'Italia e la Rivoluzionaria professoressa di filosofia, che mai vinse del tutto la sua reticenza nei riguardi della dottrina ecclesiastica? Per quale ragione numerosi storici e studiosi hanno accostato Simone Weil a San Francesco d'Assisi?
San Francesco d'Assisi e Simone Weil sono due anime inquiete e idealiste, caratterizzate da una sete profonda di verità di fronte al dolore e alle contraddizioni dell'esistenza.
Due anime ipersensibili e anticonformiste che davanti a disparità e ingiustizie non possono accontentarsi della risposta di chi dice loro: "Così va il mondo!", costringendoli a farsi complici di un'indifferenza collettiva ma non per questo meno pesante.
Francesco e Simone si riconoscono in dovere verso ciascun individuo e verso l'essere umano in quanto tale. Entrambi provengono da famiglie borghesi benestanti ma scelgono di trascorrere la vita assieme agli ultimi, schierandosi sempre e comunque dalla parte dei poveri, dei reietti, degli emarginati, di tutti coloro che agli occhi del mondo non hanno valore.
Il ricco ragazzo di Assisi abbandona lussi, comodità e sicurezze per trascorrere il suo tempo in compagnia di lebbrosi, la colta filosofa sceglierà di stare al fianco delle vittime delle ingiustizie sociali del 900, operai e braccianti.
Un'altra caratteristica che li accomuna è l'amore entusiasta per il creato, Simone come Francesco, è innamorata della vita:
"Non siate ingrati verso le cose belle. Godete di esse, sentendo che durante ogni secondo in cui godete di loro, io sono con voi...Dovunque c'è una cosa bella, ditevi che ci sono anch'io...Mi sembra duro pensare che il rumore del vento tra le foglie non sia un oracolo; duro pensare che il coro delle stelle nei cieli non canti le lodi dell'Eterno".
Simone Weil fece propria la massima terenziana «Niente di quello che è umano mi è estraneo» e confessò di provare una crescente lacerazione dovuta all'incapacità di pensare insieme la sventura degli uomini e la perfezione di Dio.
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Tanto per Francesco come per Simone è centrale il problema della tormentata relazione fra l'anima e Dio, tra il desiderio di pienezza e la sofferenza dell'uomo. Ma sarà proprio la sofferenza ad avvicinarli a loro grande amore, amore che più di ogni altra cosa li accomuna, Gesù Cristo.
Ci sono stati alcuni che sono arrivati a Cristo partendo dall’amore per i poveri e vi sono stati altri che sono arrivati ai poveri partendo dall’amore per Cristo; Francesco appartiene a questi secondi, Simone ai primi.
Papa Paolo VI nel considerare la pensatrice come una delle figure più influenti sulla propria vita, affermerà di dispiacersi per il suo mancato approdo al battesimo, in quanto meritevole di essere proclamata santa.
lo storico Vittorio Messori coglierà nella Weil una mistica della libertà, secondo la quale «nessuno ha amore più grande di colui che sa rispettare la libertà dell'altro».
La Weil ritiene che il compito di ogni uomo sia portare un autentico spirito di verità nella vita, di seguito desidero condividere alcuni dei suoi scritti:
« Quando, ancora nell'età dell'adolescenza, ho letto per la prima volta il Capitale, alcune lacune, talune contraddizioni di grande importanza mi sono subito saltate agli occhi. [...] negli anni successivi, lo studio dei testi marxisti, dei partiti marxisti o sedicenti tali, e degli avvenimenti stessi non ha potuto che confermare il giudizio della mia adolescenza.»
« La parola Dio non aveva alcun posto nei miei pensieri. Lo ha avuto solamente a partire dal giorno [...] in cui non ho potuto rifiutarglielo. In un momento d'intenso dolore fisico [...] ho sentito, senza esservi assolutamente preparata, una presenza più personale, più certa, più reale di quella di un essere umano, inaccessibile sia ai sensi che all'immaginazione, analoga all'amore che traspare attraverso il più tenero sorriso di un essere amato. Non potevo essere preparata a questa presenza – non avevo mai letto i mistici. Da quell'istante il nome di Dio e quello di Cristo si sono mescolati in maniera sempre più irresistibile ai miei pensieri. Fino ad allora la mia unica fede era stata l'amor fati degli stoici, come l'intese Marco Aurelio, e l'avevo sempre fedelmente praticata.»
«Imitare la bellezza del creato, adeguarsi all'assenza di finalità, di intenzioni, di discriminazione, significa rinunciare alle nostre intenzioni, alla nostra volontà. Essere perfettamente obbedienti significa essere perfetti come è perfetto il nostro padre celeste.
L'uomo è venuto al mondo unicamente per consentire a rinnegare se stesso e cedere il passo all'amore di Dio, che è amore di Dio per Dio medesimo, perché Dio solo è capace di amare Dio».
« L'incarnazione del cristianesimo implica una soluzione armoniosa del problema dei rapporti fra individuo e collettività. Armonia in senso pitagorico: giusto equilibrio dei contrari. È precisamente di questo che gli uomini hanno sete oggi.»
«Iddio pena, attraverso lo spessore infinito del tempo e della specie, per raggiungere l'anima e sedurla. Se essa si lascia strappare, anche solo per un attimo, un consenso puro e intero, allora Iddio la conquista. E quando sia divenuta cosa interamente sua, l'abbandona. La lascia totalmente sola. Ed essa a sua volta, ma a tentoni, deve attraversare lo spessore infinito del tempo e dello spazio alla ricerca di colui ch'essa ama. Così l'anima rifà in senso inverso il viaggio che Iddio ha fatto verso di lei. E ciò è la croce.»
«Per pensare la sventura è necessario portarla nella carne, profondamente conficcata, come un chiodo, e portarla a lungo, affinché il pensiero abbia il tempo di temprarsi abbastanza per guardarla. [...] Grazie a questa immobilità il granello infinitesimale d'amore divino gettato nell'anima può crescere a piacimento e portare frutti nell'attesa [...]. Felici coloro per i quali la sventura entrata nella loro carne è la sventura del mondo stesso nella loro epoca.»
«Nell'incarnazione e nell'abbandono di Cristo sulla croce, Dio stesso ha sofferto la condizione tragica dell'uomo. Dio ha dovuto incarnarsi e soffrire, per non essere inferiore all'uomo; Cristo è il giusto disprezzato, flagellato, abbandonato.
Se l'anima emette quel grido e ancora non smette di amare, essa può trascendere la sventura, la gioia e la sofferenza, per accedere all'amore di Dio, giacché nel profondo della sventura splende la misericordia divina.
Accettare significa trasformare; significa trasfigurare la sofferenza in sacrificio che redime. Siccome siamo creature siamo contraddizione; perché siamo Dio e, al tempo stesso, infinitamente altro da Dio.
Dio si è negato in nostro favore, per offrirci la possibilità di rinnegarci per lui».
«Talvolta anche, mentre recito il Padre nostro oppure in altri momenti, Cristo è presente in persona, ma con una presenza infinitamente più reale, più toccante, più chiara, più colma d'amore della prima volta in cui mi ha presa. Ogni volta che penso alla crocifissione di Cristo pecco d'invidia»
«Il cristianesimo deve contenere in sé tutte le vocazioni senza eccezione, perché è cattolico. [...] tradirei la verità, cioè quell'aspetto della verità che io scorgo, se abbandonassi la posizione in cui mi trovo sin dalla nascita, cioè il punto di intersezione tra il cristianesimo e tutto ciò che è fuori di esso. [...] C'è un ostacolo assolutamente insormontabile all'incarnazione del cristianesimo, ed è l'uso di due brevi parole: anatema sit. [...] Mi schiero al fianco di tutte le cose che, a causa di quelle due brevi parole, non possono entrare nella Chiesa, ricettacolo universale.» |
Simone fu sepolta il 31 agosto nella sezione cattolica del cimitero di Ashford, sette persone assistettero alla cerimonia, non ci fu nemmeno un prete cattolico al suo funerale.
Tutti coloro che ardono di vedere Dio prima o poi, in questa vita, saranno accontentati.
Dio non fa preferenza di persone
Coinquilini del mondo (foto scattata in Bolivia nel 2009) |
Sono nato in una famiglia cattolica e sin da bambino i miei genitori mi hanno trasmesso la fede in Gesù Cristo e nella Chiesa. Durante la mia giovinezza mi sono interrogato spesso sul senso della fede e dell'appartenenza cristiana. Crescendo ho avuto la possibilità di viaggiare e di conoscere tante persone di altre religioni; quante volte ho pensato: Se fossi nato qui, al posto loro, sarei sicuramente mussulmano o induista... chissà cosa penserei dei cristiani?
Ho studiato poi all'Accademia delle Belle Arti, a Roma e a Parigi in un'ambiente per lo più ateo, anarchico ed esistenzialista. La maggior parte degli amici e delle ragazze che ho avuto erano totalmente indifferenti alla Chiesa e alla fede cristiana; il confronto con loro mi ha aiutato a non irrigidirmi dietro a dogmatismi e a mettere in discussione le mie sicurezze, le mie certezze, le mie convinzioni.
Voglio
raccontarvi di Marion, una ragazza francese non battezzata, che ho frequentato
per alcuni mesi; Lei era molto lontana dalla fede e particolarmente scettica
nei confronti di tutte le gerarchie religiose.
Al contempo brillava di una sincera umanità, così genuina e senza sforzo, da costituire per me un esempio e un modello. Mi colpiva la sua profonda sensibilità sociale, la sua generosità e disponibilità verso tutti, soprattutto verso gli ultimi, ammiravo la sua capacità di partecipare al dolore degli altri, di vincere l'indifferenza, i pregiudizi, le barriere e le distanze.
Quante
volte parlando con lei della mia fede e del Vangelo le ho detto:
"Sono
un grande egoista, tu sei molto più cristiana di me, anche se non lo sai
ancora".
Non lo dicevo per compiacerla, né tantomeno per un buonismo qualunquista e relativista, lo dicevo perché ne ero convinto.
In fondo Cristo non poteva essere più esplicito: "In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio"
Se riduciamo la fede a un imparaticcio di usanze e costumi la nostra vita non cambia, e diamo scandalo. Per questo alcuni religiosi invece di attrarre le persone a Dio, le allontanano confondendole ulteriormente. Anche io come cristiano sento questa responsabilità.
Era
evidente per me che la grazia di Dio opera negli uomini di buona volontà,
orientati al bene e alla giustizia, anche se non vanno in Chiesa, anche se non
chiamano Dio, Padre.
L'essere umano per impulso naturale scruta la verità, questa è una realtà che lo dispone all'incontro con la Trascendenza stessa.
A volte mi risultava difficile capire chi avesse difficoltà a concepire un influsso operante della grazia anche all’interno di altre culture e tradizioni religiose e tante volte non nascondo di essere stato scandalizzato e di aver preso distanza da alcuni atteggiamenti di credenti cattolici intenti a segnare distanze tra le persone, a creare confini invece di favorire ponti e relazioni.
Poi ho conosciuto la dottrina del "Semina Verbi" che è stata per me di grande consolazione e illuminazione. La dottrina dei Semi del Verbo è stata formulata da San Giustino nel secondo secolo dopo Cristo e poi ulteriormente approfondita da Clemente di Alessandria nel terzo secolo dopo Cristo. Tale dottrina induce Giustino a riconoscere i valori morali e spirituali positivi presenti nelle varie culture e tradizioni religiose al di fuori del cristianesimo, e a vedere in essi i “semi” dell’azione dell’unico Verbo di Dio che prepara gli uomini alla sua piena rivelazione nel mistero di Gesù Cristo, unico salvatore universale e centro della storia salvifica.
Dio ha seminato i Semi del Verbo, ossia delle verità ancora incomplete ma comunque ordinate a Cristo, anche al di fuori della Chiesa cattolica, come per esempio nelle altre religioni, nelle culture ed anche in forme di vita che non sono conformi pienamente alla sua Volontà, ma che comunque contengono delle verità che possono essere sviluppate fino alla loro pienezza cristiana.
L’immagine
del “seme”, utilizzata da San Giustino, è particolarmente felice, perché riesce
ad esprimere l’idea dell’azione diffusa di Dio nel mondo, anche oltre i confini
visibili del cristianesimo.
San Giovanni Paolo II definisce i “semina verbi” come “raggi dell’unica verità”.
Nella
teoria di Giustino è da escludere qualunque tipo di concessione al relativismo
o sincretismo in considerazione dell'affermazione inequivocabile della
superiorità e della completezza di conoscenza, di moralità e disponibilità al
bene, che la fede in Cristo conferisce.
Secondo
Giustino, il Logos è partecipato agli uomini in forme diverse e la sua
manifestazione completa si attua nell’incarnazione del Figlio di Dio, da lui
chiamato "Logos totale", origine della fede cristiana.
Certamente
non basta essere eticamente cristiani per essere cristiani ma il volto
misericordioso di Dio accoglie tutti: i pagani, i piccoli, i peccatori.
Dobbiamo imparare a liberarci dai pregiudizi per capire il loro mondo, comprendere la loro situazione e metterci al loro posto. Il Padre ha pagato lo stesso prezzo per ognuno di noi e senza distinzione ci aspetta tutti con le braccia aperte. Dio è alla ricerca di chi lo cerca per poter rivelare Sé Stesso; tutti coloro che ardono di vedere Dio prima o poi, in questa vita, saranno accontentati.
Queste
considerazioni ci aiutano a giungere ad una comprensione, più profonda e libera
da preconcetti, dell'ultima meravigliosa esortazione apostolica di Papa
Francesco, Amoris Laetitia: una parola chiara della Chiesa, fedele al magistero
e allo stesso tempo estremamente sensibile e attenta ai nostri tempi, a mio avviso
un'opera d'arte, una parola che stavo aspettando!
Ma allora perchè tanta resistenza e opposizione, non occorre essere un teologo per capire certe cose.
Papa Francesco siede sul soglio di Pietro, e come Pietro si trova davanti a chiusure e opposizioni; ma il Papa non può limitare il suo interesse alla sorte dei cattolici, il Papa è interessato alla sorte di sette miliardi di esseri umani, ne è fortemente interessato.
Narrano gli Atti degli Apostoli che Pietro, a suo tempo, si è trovato alle prese con incomprensioni ben più grandi di quelli dei recenti Sinodi:
Atti 10, 34-36, 44-45
34 Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, 35 ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. 36 Questa è la parola che egli ha inviato ai figli d'Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti.44 Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo scese sopra tutti coloro che ascoltavano il discorso. 45 E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliavano che anche sopra i pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo.
Atti 11,1. 17-18
1 Gli
apostoli e i fratelli che stavano nella Giudea vennero a sapere che anche i
pagani avevano accolto la parola di Dio. 2 E quando Pietro salì a Gerusalemme,
i circoncisi lo rimproveravano dicendo: 3 «Sei entrato in casa di uomini non
circoncisi e hai mangiato insieme con loro!».
17 «Se
dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che a noi per aver creduto nel Signore
Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?».
18
All'udir questo si calmarono e cominciarono a glorificare Dio dicendo: «Dunque
anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita!».
San Paolo stesso, quando Pietro abbandona ed evita i pagani per timore dei circoncisi si oppose a lui a viso aperto:
Gal 2, 11-14
11Ma
quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché
evidentemente aveva torto. 12Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di
Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò
a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. 13E anche gli
altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Barnaba si
lasciò attirare nella loro ipocrisia. 14Ora quando vidi che non si comportavano
rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti:
"Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei,
come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?"
"In verità sto rendendomi conto che Dio
non fa preferenze di persone, 35 ma chi lo teme e pratica la giustizia, a
qualunque popolo appartenga, è a lui accetto."
Ossia,
non importa da che luogo e da che storia proveniamo o quali tendenze abbiamo, o
quali problemi stiamo vivendo con nostra moglie o nostro marito, il Signore ci
aspetta ed è desideroso di accoglierci e donarci il suo spirito.
In quest’ottica è ancora più chiara la Misericordia di Dio che solo desidera per noi un’esistenza libera, piena di senso che porti frutto, fuori da leggi e moralismi.
Il
capitolo primo del Catechismo della Chiesa Cattolica dice:
ARTICOLO
1IL SACRAMENTO DEL BATTESIMO
1260 «Cristo
è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola,
quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la
possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero
pasquale».59 Ogni uomo che, pur ignorando il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa,
cerca la verità e compie la volontà di Dio come la conosce, può essere salvato.
È lecito supporre che tali persone avrebbero desiderato esplicitamente il
Battesimo, se ne avessero conosciuta la necessità.
"Lumen
Gentium" 2.16:
"Dio
non e neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nelle ombre e sotto
le immagini, poiché egli dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa (cfr At
1,7,25-26), e come Salvatore vuole che tutti gli uomini si salvino (cfr. 1 Tm
2,4). Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua
Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll’aiuto della grazia si
sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il
dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna. Né la divina
Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora
arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza
la grazia divina, di condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e
di vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad
accogliere il Vangelo e come dato da colui che illumina ogni uomo, affinché
abbia finalmente la vita."
Cosa
apporta dunque il Vangelo di fondamentale alla ricerca di verità, autenticità e
felicità di ogni uomo? È molto importante capire l’urgenza di annunciare il
Vangelo ad ogni creatura affinché gli uomini abbiano la vita e ne abbiano in
abbondanza! San Paolo Apostolo nella prima lettera ai Corinzi sottolinea con
ardore la necessità di dialogare con tutti al fine di annunciare il Vangelo, la
Buona Notizia: «Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per
guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare
i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma
tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io…Non è infatti per
me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non
predicassi il vangelo! »-
Marco
16, 15-16: «Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo
ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà
sarà condannato”».