A lezione da Picasso

Come si può amare l'arte senza leggere quello che Picasso ha scritto al riguardo, sarebbe come avvicinarsi alla storia del Cristianesimo ignorando le lettere di San Paolo.

Riuscite a immaginare un fisico che ritenga superfluo conoscere gli studi e il pensiero di Albert Einstein, io no!
Se esistesse il Nobel per la pittura, siatene certi, lo avrebbe vinto Picasso, la sua costante ricerca e la pittura cubista, stanno al mondo dell'arte come la teoria della relatività al mondo scientifico.

E allora, che ci piaccia o no la sua pittura non possiamo ignorare la sua voce.
Leggere i suoi scritti è stato per me come andare a lezione di pittura nell' atelier del grande maestro.
Oggi voglio condividere alcuni passi particolarmente significativi del suo pensiero sull'arte:

" Che cos'è l' arte? Se lo sapessi mi guarderei bene dal rivelarlo.
Quando si comincia un quadro si fanno spesso scoperte seducenti...bisogna diffidarne, distruggere il proprio quadro, rifarlo molte volte.
Anche quando distrugge una bella invenzione l'artista in fondo non la sopprime mai, la trasforma, la condensa, la rende più sostanziale. L'opera compiuta è il risultato di una serie di scoperte via via eliminate. Altrimenti uno corre il rischio di diventare l'amatore di se stesso...io a me non vendo niente.

...bisogna soprattutto poter fermarsi in tempo. Un quadro non è mai pensato o deciso anticipatamente, mentre viene composto segue il mutamento del pensiero...i colori sono come i lineamenti del volto seguono i mutamenti dell' emozione.
...spesso il quadro esprime molto di più di quello che l'autore voleva rappresentare.
L'autore contempla stupefatto i risultati inattesi...comincio con un'idea e poi diventa un'altra cosa, io non cerco, trovo.

Il committente obbliga l'artista o l' artigiano a fissarsi uno scopo preciso, egli è costretto a prevedere come sarà il suo quadro alla fine e ciò esclude la libertà della creazione perpetua...quando cambio (nel quadro) una piccola cosa sono obbligato a cambiare tutto. E' curioso perchè mi sembra che un filosofo possa cambiare una parola, senza per questo dover cambiare tutto...per vedere una cosa, occorre vederle tutte...sarebbe bello dipingere quel solo particolare ma per capirlo e trasformarlo in un'immagine occorre dipingere l'intera veduta che lo fa esistere così.
Non è possibile dipingerlo direttamente senza tutte le sue infinite relazioni. 

Il fatto che il cubismo sia rimasto per molto tempo incompreso, e che anche oggi molta gente non lo capisca, non ha un'importanza essenziale e non ne pregiudica il valore.
Se io non so il tedesco e se un libro tedesco non è per me che nero su bianco, non ne concluderò che la lingua tedesca non esiste.

Non esiste un'arte figurativa e un'arte non figurativa; l'artista raccoglie emozioni che vengono da ogni parte: dal cielo, dalla terra, da un pezzo di carta, da una forma che passa, da una tela di ragno...non bisogna fare distinzioni tra le cose, non sono stratificate per classe.

Il pittore subisce stati di pienezza e di restituzione, questo è il segreto dell'arte, vado a passeggiare nella foresta di Fointainbleau, faccio indigestione di verde; devo pur liberarmi di questa sensazione in un quadro. Il verde è il colore in esso dominante. Il pittore dipinge per un bisogno di liberarsi di sensazioni e visioni.
...in fondo c'è solo l'amore...si dovrebbero bucare gli occhi ai pittori come si fa come i cardellini perchè cantino meglio.


L'arte non è l'applicazione di un canone di bellezza, ma ciò che istinto e cervello possono concepire indipendentemente da ogni canone...ogni cosa deve essere fatta di nuovo, non rifatta.
Cosa credete sia un'artista? Un imbecille che ha solo gli occhi, se è un pittore, le orecchie se è un musicista, e una lira su tutti i piani del cuore se è un poeta.

Per scoprire  la personalità di un'artista il mezzo più sicuro è di fargli tracciare un cerchio perfetto.
Non ci riuscirà, ma quel cerchio mal riuscito può far scoprire il suo temperamento.
Oppure domandategli di copiare un quadro, la sua copia non sarà esattamente il modello ma qualcosa che gli apparterrà in proprio."

                                                          PICASSO


Web Dunque Sono

Diventeremo "di buon grado vigliacchi pur di acquistare così la reputazione di essere coraggiosi". Queste parole scritte da Pascal rappresentano un paradosso che esprime tragicamente l'ipocrisia dell'uomo alla quale nessuno è immune. L'onore non coincide con la reputazione; l'onore dipende dalle virtù della persona, non da quello che altri pensano. La nostra società senza onore, è basata sulla reputazione; eppure come ha scritto Cechov, "l'onore non si può togliere si può solo perdere".

È vero che in ogni epoca l'uomo ha subito l'influenza del narcisismo e dell'apparire ma oggi, immerso costantemente nella comunicazione telematica, vive tutto questo all'ennesima potenza. Siamo arrivati a preoccuparci maggiormente di dare alle persone un'immagine felice della nostra vita piuttosto che preoccuparci della felicità stessa della nostra esistenza.

Indossare pantaloni firmati Armani, appendere nel proprio salone un Dalì e bere Chardonnay per molti è più importante di vestire bene, arredare la casa con gusto e godersi un buon vino.

Dorian Grey nell'omonimo capolavoro di Oscar Wilde chiede all'amico pittore di immortalare sulla tela la sua immagine nel momento di massimo splendore affinché tutti ne possano ammirare la bellezza; se ne innamora poi al punto di crederla più importante della sua stessa anima. Vende allora la bellezza della sua anima e quindi della sua autentica persona in cambio della bellezza del suo apparire.

Oggi il rischio è che lo schermo del computer o del telefono sostituisca la tela del ritratto di Dorian Grey e che il Web seducendoci con tutte le sue piattaforme sociali diventi feticcio dell'immagine che vogliamo dare di noi stessi.

Cartesio disse nel 1600 :"Ego cogito, ergo sum, sive existo" (Io penso, dunque sono, ossia esisto), oggi potremmo dire Web ergo sum, comunico nel Web dunque esisto!

Ma cosa importa veramente, essere felici o sembrare di esserlo? Rimango sempre colpito dalla notizia improvvisa del suicidio di una persona di successo di cui nessuno avrebbe potuto immaginare la disperazione.

Non si vede bene che con il cuore, perché l'essenziale è invisibile agli occhi diceva il Piccolo Principe nella sua autentica innocenza, c'è ancora qualcuno disposto a crederlo?

Chi di noi sarebbe disposto ad essere reputato vigliacco pur di essere in cuor suo coraggioso? Chi accetterebbe di essere giudicato come un bugiardo e un falso pur di perseguire la verità e la giustizia?

C'è qualcuno capace di caricarsi l'accusa di malvagio e apparire tale agli occhi del mondo per essere veramente buono?

Nel capitolo 53 del libro del Profeta Isaia è scritto:

“3 Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.

4 Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato.

5 Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti.

6 Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti.

7 Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca”.




Avrei trasformato tutto ciò che c' è al mondo in qualcosa di bello e di sublime

Circa dieci anni fa entrando a Piazzale Flaminio passando per la porta di Piazza del Popolo, rimasi sorpreso e sulle prime infastidito per l'insolita presenza di enormi pozze d'acqua che avevano occupato gran parte della strada e del marciapiede a causa della pioggia e di un guasto del sistema fognario.

Dove passare per attraversare la piazza e poter prendere l'autobus, domandai agli operatori che si stavano occupando dello spurgo.

Prima ancora che mi rispondessero rimasi come rapito dalla bellezza e nitidezza del riflesso sull'acqua fognaria stagnante; il paesaggio cittadino piovoso si immergeva nella luce calda di un sole ritrovato che nel contrasto con il cielo plumbeo sembrava conferire alle case e alle strade un colore dorato.

Senza neppure realizzare del tutto che si trattasse dell'acqua putrida e maleodorante di una fogna mi ritrovai a fotografare le pozze cercando il giusto momento e la giusta angolazione.
Avevo gli occhi pieni di luce quando uno degli operatori, innervosito dalla mia presenza e dal suo stesso lavoro, mi chiese; "Ma che ci troverai di bello in una fogna?"

Solo tre anni dopo lessi il libro "Memorie del sottosuolo" di Dostoevsky in cui il protagonista spinto da uno slancio romantico afferma:

"Avrei trasformato tutto ciò che c'è al mondo in qualcosa di bello e di sublime; avrei colto anche nella più lurida fogna il bello e il sublime"

Non ho potuto fare a meno di sorridere e ricordarmi le parole dell' operatore ecologico.
Queste qui sotto sono alcune delle foto che ho scattato quel pomeriggio a Piazzale Flaminio.