Vivere la Vita Come un' Opera d' Arte



Ieri mi è capitato tra le mani un testo critico scritto da Timothy Verdon, direttore del Museo dell'Opera di Santa Maria del Fiore a Firenze; mi ha colpito molto quello che dice rispetto alla fede, alla vita e all'arte:

"La fede è in sé un’arte. Non parlo qui della fede intesa come sistema, mirabile compendio di credenze e tradizioni, ma dell'atto di fede, del salto di fede, del rischio per cui si passa da un'esistenza artigianale fatta di cause ed effetti, alla vita sperimentata come arte, vissuta come un'opera ispirata, aperta alla gratuità della grazia."

Che significa vivere la vita come un'opera d'arte?

Ecco il dilemma di ogni artista che si interroghi sul significato del proprio operare: "Fare dell'arte la propria vita o fare della propria vita un’opera d’arte?". C’è differenza? Cosa cambia? C’è differenza eccome!

Per Oscar Wilde, D'Annunzio e molti esteti, artisti e dandy, vivere la vita come un'opera d'arte significa approfittare di ogni attimo per il proprio piacere, il proprio benessere e godimento, succhiare la vita fino al midollo dimostrando a sé stessi e agli altri di essere padroni assoluti della propria esistenza.

L'artista dandy concepisce la vita come un'opera d'arte da gustare nella sua dimensione estetica, l'intento è quello di fuggire ad ogni costo la noia, la banalità del quotidiano e l'orrore del domicilio, cercando ogni tipo di esperienza e di soddisfazione capace di saziare il proprio incessante appetito e processo di autoaffermazione; non è facile per l'esteta-dandy mettere a tacere la voce che ripete continuamente "Carpe diem", fuggi la mediocrità, vivi la vita adesso, lascia traccia del tuo passaggio, scrivi il tuo nome nelle stelle!

Che tristezza vedere come questa fame di eternità e di pienezza si riduca nella maggior parte dei casi ad un'esistenza egoistica, arida e narcisistica; l'esteta romantico si cuce addosso una divisa di fierezza e solitudine e nella sua ricerca ossessiva di vita non trova nulla che non si prosciughi o si corrompa! Che beffa farsi dio della propria vita e nel tentativo di superare ogni limite chiudersi il cielo, aspirare all'eterno e trovarsi ad elemosinare il passeggero e l'effimero, desiderare il mare vasto ed infinito e accontentarsi di una pozza di piscio e fango!

Ma c'è un altro modo di vivere la propria vita come un'opera d'arte ed è quello che intende Timothy Verdon quando dice di passare da un'esistenza artigianale, fatta di cause ed effetti, alla vita sperimentata come arte, vissuta come opera ispirata, aperta alla gratuità della grazia.

Dio irrompe nella nostra vita aprendo orizzonti nuovi e imprevedibili, siamo pronti ad accoglierlo nella nostra storia, a farci sorprendere e scompaginare i programmi?

L’uomo vuole vivere, vivere il più possibile, e ciascuno porta in sé una visione ideale di ciò che vorrebbe essere.

Agostino d’Ippona ha scritto: «Noi tutti bramiamo vivere felici, e tra gli uomini non c’è nessuno che neghi l’assenso a questa affermazione, anche prima che venga spiegata in tutta la sua portata». 

Freud, dal canto suo, nell’opera Il malessere della civiltà si chiede: «Quali sono i progetti e gli obiettivi vitali rivelati dal comportamento degli uomini?»; e risponde: «Si è certi di non sbagliare: essi aspirano alla felicità; gli uomini vogliono essere e rimanere felici!»

Siamo accomunati dall'idea che la vita migliore, quella più riuscita e soddisfacente, dipenderà dalla capacità di investire energie, risorse e pensieri in progetti di auto-realizzazione; siamo abituati a considerare la felicità solo come il frutto del successo dei nostri progetti individuali…Ma è veramente questa la strada per essere felici? 

La realizzazione dell'uomo è nell'amore, nella libertà di donarsi e di spendersi per gli altri! Ma allora perché, perché anche se abbiamo capito questo, ci troviamo spesso a rinnegare l'amore e a vivere tutto il contrario?

Il fine ultimo dell'uomo, il destino del suo viaggio, la forza d'impulso che tutto soggiace è il bene. Anche quando l'uomo cammina dietro al male, nella sua mente vive l'illusione di un bene percepito.

Dice San Paolo, io conosco il bene e lo vorrei fare, ma non c’è in me la capacità di attuarlo, “infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me” (cf Rom 7,18-20). La verità è che tutti vorremmo avere una vita piena di amore, ma l’uomo sperimenta presto che non può amare. Non sa amare; per questo tanta gente con una vita apparentemente comoda e di successo si uccide, non sopportando il vuoto e il non senso della propria esistenza! 

Gli uomini sono come condannati a vivere per sé stessi nell’illusione di esorcizzare la caducità della vita, la paura della sofferenza e della morte.

Ma l'uomo non può realizzarsi veramente ed essere felice nell'egoismo, perché è stato creato ad immagine di Dio; c’è in noi l’eco dell’amore, perché Dio è amore.

Chi ci libererà allora da questo corpo mortale? Dio non ci chiederebbe di volare se non ci avesse anche dotato di ali, non metterebbe dentro di noi questo profondissimo anelito di pienezza e di vita eterna per vederlo inevitabilmente frustrato e calpestato.

Questa è la Buona Notizia, la tristezza, l’egoismo e l’insoddisfazione non sono ineluttabili!

La Buona Notizia consiste nella gratuità della grazia divina manifestata in Gesù Cristo morto e risorto per la nostra salvezza!

Secondo Anassimandro ogni nascita deve pagare il prezzo dell’ingiustizia che inevitabilmente produce, Cristo ha pagato per noi questo prezzo.

Accogliere questo annuncio significa accogliere la grazia divina e poter amare come non ci era possibile prima, sperimentando felicità e pienezza in un incontro liberatorio che ci permette di perdonare, sentendoci perdonati, di non giudicare, sentendoci amati!

La grazia ci libera dalla schiavitù del peccato che ci obbligava ad offrire tutto a noi stessi, imprigionati nella paura del futuro, della malattia, dell'incertezza e condannati a contare le nostre monete nella polvere per esorcizzare la precarietà della vita.

Faremo della nostra esistenza un'opera d'arte solo se sapremo coniugare nella nostra vita bontà, bellezza e verità; allora potremo trasmettere la fede alle nuove generazioni e vivere la pienezza della via pulchritudinis, la via della Bellezza!

Percorriamo insieme questa via alla sequela di Cristo che farà la nostra vita buona, perché segnata dall'amore, bella, in quanto piena di senso, beata perché ci permetterà di pregustare la vita eterna.

"Vai e dipingi la tua vita con tutti i colori che hai...prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro

San Giovanni Paolo II


Francesco Astiaso Garcia









L'Arcobaleno di Notte





"Io non so come il mondo mi vedrà un giorno. Per quanto mi riguarda, mi sembra di essere un ragazzo che gioca sulla spiaggia e trova di tanto in tanto una pietra o una conchiglia, più belli del solito, mentre il grande oceano della verità resta sconosciuto davanti a me"
(I. Newton, Principia)

Lo stupore e la curiosità sono motore di ogni conoscenza e non possono essere prerogative di artisti o scienziati, dovremmo conservare la capacità di guardare il mondo come si guarda la propria amata la prima mattina dopo le nozze.

 Lo sguardo deve penetrare tutto come la pioggia che quando cade vigorosa non risparmia nulla.

Restiamo in attesa di segnali, in un' attitudine di ascolto vigilante, mettiamoci in condizione  di ricevere in testa la mela che cade dall' albero e di accogliere i doni che ci porta il mare, senza ignorarli, senza disprezzarli, senza banalizzarli.


Il poeta è sempre in attesa dell' imprevedibile,
dell' arcobaleno di notte o dell' asso di cuori nero.