In questo dipinto ho voluto cercare
una sintesi tra i sentimenti opposti che riassumono il mistero
Pasquale della Redenzione del mondo.
Ho rappresentato la Passione di Cristo e
le indicibili sofferenze offerte per amore ma ho voluto trasfigurare la Croce
nell'abbraccio luminoso della Gloria della Risurrezione.
Il corpo diafano, etereo ed evanescente si
staglia su un fondo che ricorda la sofferenza e le ferite della carne.
Li dove si soffre e si accetta la sofferenza per amore è presente Cristo con la
sua gloria!
In Cristo riceve luce quell'enigma del
dolore e della morte che senza il suo vangelo e la sua resurrezione
sarebbe insopportabile.
La sola contemplazione della nostra
miseria ci porta così alla disperazione, alla distrazione, alla fuga da noi
stessi. Chi, invece, vede solo la grandezza dell’uomo, finisce nella superbia,
nella vanità, nell’orgoglio. La contemplazione di entrambe le dimensioni
dell’uomo ci dice chi siamo.
L'uomo è quindi definito dalla sua
tensione verso l’Infinito, e dal suo limite, la sua fragilità, la sua
finitezza, è stato creato né celeste né terreno affinché possa superarsi, affinché
sappia fermarsi.
È noto a tutti il mito di Michelangelo
Buonarroti come genio ribelle, meno nota è la sensibilità spirituale che ha
caratterizzato soprattutto gli ultimi anni della sua vita. Certo, è molto
affascinante il mito di un genio tormentato, sprezzante di ogni autorità
morale, ma credo sia ancora più bello scoprire l'immagine di un uomo che parla
di speranza.
In uno dei suoi componimenti scrive:
Non è più l’arte capace di quietare la mia anima, ma
l’amore divino che si esprime nell’abbraccio della croce.
Per vivere veramente la nostra vita come
un'opera d'arte dobbiamo passare da un'esistenza artigianale, fatta di cause ed
effetti, alla vita sperimentata come arte, vissuta come opera ispirata, aperta
alla gratuità della grazia.
Dio irrompe nella nostra vita aprendo
orizzonti nuovi e imprevedibili, siamo pronti ad accoglierlo nella nostra
storia, a farci sorprendere e scompaginare i programmi?