Libertà per gli Oppressi

                                                


“LA LUCE SPLENDE NELLE TENEBRE 

E LE TENEBRE NON L’HANNO VINTA”


Siamo alle porte del Natale e si respira nel mondo una certa sfiducia verso un avvenire che si prospetta sempre più incerto. Di qui il tedio, l’angoscia, la noia, la nausea: questo pungolo assiduo dell’uomo che è stato tradito dalla modernità razionalista ma non sa tornare a Dio; ciò che resta è una disperazione senza via d’uscita, una paura che paralizza ogni impeto costruttivo. Quante relazioni ferite intorno a noi, quante persone non trovano soluzione alle loro fragilità, quanta divisione, quanta ostilità, chiusura, pregiudizio e non senso.

C’è evidentemente un urgente bisogno di salvezza. Ma che cosa significa davvero salvezza? È salvato colui che viene liberato da un male incombente. Ma chi salva, e da che cosa siamo salvati? Senza una lucida comprensione dell’uomo, le risposte oscillano tra l’idea che una salvezza autentica della persona umana sia superflua o, peggio, impossibile. Altri ritengono possibile e necessaria soltanto una salvezza esteriore, ridotta a un cambiamento delle strutture e delle condizioni sociali, politiche e culturali. Ma siamo davvero certi che questo sia sufficiente? Non è forse necessario un cambiamento più profondo, che parta dal cuore stesso dell’uomo?

Oggi si parla spesso della necessità di un nuovo umanesimo. Diventa quindi indispensabile chiarire che cosa sia propriamente umano. È significativa, a questo proposito, una celebre affermazione di Jacques Maritain: «Il vizio radicale dell’umanesimo antropocentrico è d’essere stato antropocentrico e non d’essere stato umanesimo».

Secondo Anassimandro, ogni nascita deve pagare il prezzo dell’ingiustizia che inevitabilmente produce. Cristo ha pagato per noi questo prezzo. La Buona Notizia consiste nella gratuità della grazia divina che si manifesta nell’incontro con una persona, Gesù Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza. Accogliere questo annuncio significa accogliere la grazia divina, diventare capaci di amare come prima non ci era possibile, e sperimentare la felicità e la pienezza della vita, nell’attesa dei Cieli Nuovi e della Terra Nuova, dove la giustizia avrà stabile dimora.

Quando ho creduto a questo, la mia vita è cambiata.

La grazia ci libera dalla schiavitù dell’egoismo che ci costringeva a ripiegare tutto su noi stessi, imprigionati nella paura del futuro, della malattia e dell’incertezza. Ci libera dalla condanna di contare le nostre monete nel tentativo vano di esorcizzare il terrore della morte, dell’imprevisto e della precarietà dell’esistenza. Questa è la grande speranza alla quale siamo chiamati. L’unica, vera, grande speranza a cui ogni uomo è destinato. E non riguarda soltanto il cristianesimo, ma l’umanità nel suo insieme.

Scrive il poeta indiano Rabindranath Tagore:

Sono rotti i miei legami,
pagati i miei debiti,
le mie porte spalancate,
me ne vado da ogni parte.
Essi, accovacciati nel loro angolo,
continuano a tessere la pallida tela delle loro ore;
o tornano a sedersi nella polvere
a contare le loro monete,
e mi chiamano, e mi chiamano,
perché torni indietro.
Ma già la mia spada è forgiata,
già ho messo l’armatura,
già il mio cavallo è impaziente,
e io guadagnerò il mio Regno.

Lasciamoci sedurre dalla Bellezza più alta, dalla vera grande bellezza che supera la legge e il dovere ed entra nella dimensione della gratuità. Così diventeremo servitori disponibili a sperimentare il primato delle grazie spirituali e carismatiche sulle miserie e sulle paure del nostro tempo.

«Io desidero con tutto il cuore che un essere eterno e invisibile si interessi al mio destino, ma come fare per crederlo? Oh felice chi può, con vigorose piume, balzare verso le lande luminose e serene e, planando sulla vita, intendere senza pena il linguaggio dei fiori e delle cose mute».

Queste parole di Charles Baudelaire mi hanno sempre toccato perché esprimono con forza il desiderio dell’uomo di elevarsi al di sopra della realtà faticosa in cui vive, per aprirsi a una felicità che supera il mondo. Ogni uomo porta in sé questa sete profonda di vita e di verità. Baudelaire, decisamente antilluminista, possiede la struttura interiore di un mistico ed è sempre sul limite di quell’umiliazione esaltante che potrebbe spalancarlo alla Salvezza, se solo accettasse di essere compiuto da Altro, di fare spazio alla Grazia.

Accogliamo la Grazia del Natale e diventeremo capaci di far vibrare l’anima dei nostri fratelli con la stessa bellezza che ha incendiato il nostro cuore, offrendo loro un orizzonte bello, nuovo e sorprendente. La fede svela l’uomo a sé stesso, richiamandolo alle fondamenta della sua grandezza, alla verità profonda del suo essere e alla prodigiosa novità di Cristo, venuto a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista e a rimettere in libertà gli oppressi.

Buon Natale amici miei!

Francesco Astiaso Garcia

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