Stiamo vivendo un tempo difficile, la pandemia sta cambiando il volto del mondo e inevitabilmente l’arte cambierà insieme a noi.
In
lingua cinese la parola disperazione coincide con la parola occasione, ogni
crisi rappresenta una grande occasione, una maschera che cade rivelando i
nostri artifici e le nostre illusioni. La Crisi attuale ci spinge a ripensare
la vita, il mondo e quindi l’arte.
Come cambierà l’arte? Nessuno
può rispondere a questa domanda, ma una cosa è certa, la sofferenza e
l’incertezza che segna questo tempo le ritroveremo inevitabilmente nella
tavolozza di ogni pittore, nell’inchiostro di ogni scrittore e nello spartito
di ogni musicista.
L’arte non può separarsi dall’esperienza
esistenziale dell’uomo, è indispensabile una profonda unità tra uomo e
artista, tra vita e opera.
La
storia dell’arte è una storia di uomini, per questo non possiamo avvicinarci ai
capolavori pittorici, letterari e musicali, senza avvicinarci anche al vissuto
degli artisti che ha accompagnato la creazione delle loro opere; quanta verità
nei loro diari, nelle loro poesie e scritti intimi!
Dietro alle opere d’arte ci sono le
gioie, i dolori degli uomini e dei popoli; dove manca
questo sottofondo le forme nascono vuote e sradicate, lì manca anche l’arte;
senza la carne della vita, l’arte resterà solo “una remota
sensazione di verità, come le alghe ancora odorose di iodio testimoniano del
mare“.
Come
artisti siamo stati chiamati recentemente in causa dal Papa quando ha parlato
di questo, come un tempo propizio per trovare il
coraggio di una nuova immaginazione del possibile, con il
realismo che solo il vangelo può offrirci ed ha aggiunto: “Vorrei chiedere al Signore che li benedica
perchè gli artisti ci fanno capire cos’è la bellezza e senza il bello non si può
capire il vangelo. Preghiamo un’altra volta per gli artisti“.
L’artista
si sa, è colui che esce dagli schemi, colui che sa liberarsi dal peso della
cultura dominante, che sa vivere in proprio rompendo le convenzioni, le
ipocrisie, le gabbie di conformismo e normalità che gravano come macigni nelle
società.
L’arte oggi non è esente dalle sporcizie
e dai compromessi dell’economia, anzi ne è immersa fino al collo! Finché
saremo realmente uomini liberi, potremo definirci artisti: l’ho capito ormai da
tempo, non la mia capacità di disegnare, ma il mio restare libero mi connota
propriamente come artista.
Purtroppo esistono dei totalitarismi anche
culturali e un artista coerente con la propria fede viene guardato
con molta diffidenza e pregiudizio, ma è appunto per questo che sono fiducioso
e ottimista per quanto riguarda l’arte del nostro prossimo futuro: In questo
nuovo ed imprevisto corso della storia, la ricerca più profonda di senso
porterà ad una nuova fioritura spirituale, ad una rinascita che ci spingerà a
maggiore equità e giustizia, prendendo inevitabilmente le distanze dalla
superficialità edonista e materialista che ha caratterizzato gli ultimi decenni
del panorama artistico mondiale.
L’artista solo è capace di tradurre il dolore in bellezza, trasformando la sofferenza in memoria condivisa. Tanti pensatori, non solo cristiani, hanno identificato la vera bellezza con una ferita che diventa feritoia aprendosi all'infinito, all'assoluto e all'eterno.
Quanta verità nelle parole del pensatore inglese Roger Scruton che affermava qualche anno fa:
“Molto spesso le più belle opere d’arte
emergono proprio dalla desolazione… Il culto
della bruttezza e della dissacrazione si afferma oggi in un’epoca di prosperità
senza precedenti. Opere
brutte vengono prodotte dai figli viziati dello Stato assistenzialistico, persone
che non hanno mai dovuto lottare per la sopravvivenza, che non hanno conosciuto
la guerra e che sono finite giovanissime in braccio al lusso. Sono il prodotto della ricchezza
materiale e dei valori materialistici“.
Francesco Astiaso Garcia
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