Edmond Dhrami il Colore che diventa Forma


Edmond Dhrami il Colore che diventa Forma

Trascrizione del discorso di presentazione 
di Francesco Astiaso Garcia

inaugurazione della mostra 
di Edmond Dhrami sull’autoritratto.

Atelier Montez 22 Aprile 2016


Con questa mostra, Edmond non presenta semplicemente una serie di autoritratti, ma condivide con il pubblico una vera e propria autobiografia dipinta, il racconto visivo degli ultimi vent’anni della sua vita attraverso il suo stesso volto.

Yves Klein scrisse: «Un pittore dovrebbe dipingere un unico capolavoro: se stesso in eterno.»

E in effetti, osservando queste opere, abbiamo la possibilità di attraversare con l’artista i momenti del suo cammino, della sua storia personale, come se scorressimo i fotogrammi di un film intimo e universale al tempo stesso — la sua vita, di cui oggi anche noi diventiamo parte.

Viviamo in una società dominata dalla finzione e dall’apparenza, dove formule livellatrici tendono a cancellare la personalità e l’originalità, spingendoci verso una grigia uniformità in cui spesso è il travestimento a definire chi siamo.

Oggi l’iconoclastia non si manifesta più nella distruzione delle immagini sacre, ma un’iperproduzione di immagini, in un eccesso visivo in cui, paradossalmente, non c’è più nulla da vedere.

Di fronte a questa tirannia delle maschere, Edmond compie un gesto opposto e radicale: un’operazione di spoliazione, di ricerca sincera e profonda della propria verità interiore.

Comprendete, allora, il valore e l’urgenza di una mostra come questa?

L’arte non può separarsi dall’esperienza esistenziale dell’uomo: è necessaria una profonda unità tra vita e opera, tra uomo e artista.

Dietro ogni autentica creazione ci sono le gioie e i dolori degli individui e dei popoli; quando questo fondamento umano manca, le forme nascono vuote, sradicate.

L’autoritratto, in questo senso è un’esperienza esistenziale, una radiografia dell’anima.

Nei volti dipinti da Edmond Dhrami si riflettono le sue passioni e le sue ferite, le sue speranze e le sue malinconie. L’arte non è un semplice oggetto decorativo, non è qualcosa da abbinare alle tende o al divano di casa: è un linguaggio dell’anima, una testimonianza viva.

Ora, non voglio raccontarvi tutta la vita di Edmond, anche se sarebbe davvero interessante poterla ripercorrere insieme, ma qualcosa voglio comunque dirvela.

Forse non tutti sanno che Edmond ha vissuto per diversi anni a Palermo, dove ha realizzato mostre importanti, spesso inaugurate alla presenza delle autorità cittadine, incluso il sindaco. In breve tempo, la sua pittura gli valse una notevole fama: le sue opere, tanto virtuose quanto raffinate, gli conquistarono l’appellativo di “nuovo Caravaggio”. Le commissioni di nature morte, ritratti e paesaggi erano così numerose che riusciva appena a soddisfarne la metà ogni mese. Ma Edmond, da vero artista, non si accontenta mai di ripetere se stesso. Pur avendo raggiunto il successo, sente il bisogno di rimettere tutto in discussione, di lasciare la sicurezza per l’incertezza, il già noto per l’ignoto. Così decide di trasferirsi a Roma, per iscriversi all’Accademia di Belle Arti, ed è proprio lì che le nostre strade si sono incrociate.

Perché lo ha fatto? Poteva restare in Sicilia, con guadagni assicurati, serenità e benessere. Forse sì. Ma l’artigianato conferma la cultura, mentre l’arte autentica la mette continuamente in discussione. Edmond sa bene che il compito dell’artista non è offrire al pubblico ciò che esso desidera, ma ciò che ancora non sa di desiderare.

E in questo suo coraggio, in questa sua rinuncia consapevole alla comodità del successo per seguire una ricerca più profonda, risiede tutta la sua grandezza.

Così Edmond ha rivoluzionato la propria pittura. Senza rinnegare la formazione tradizionale e la sua naturale inclinazione al classicismo, ha esplorato con libertà tutte le vie dell’espressione, dalle avanguardie concettuali alle sperimentazioni formali.

Tutto questo mondo, le sue scoperte, le sue tensioni, le sue domande, è racchiuso qui, nei suoi autoritrattti.

Ma cosa rende davvero originale il lavoro di Edmond Dhrami?

Che cosa distingue la sua pittura da quella di tanti altri grandi artisti?

E soprattutto, cosa aggiunge la sua ricerca sull’autoritratto al lungo dialogo che attraversa i secoli, da Rembrandt a Kokoschka, da Schiele a Cézanne, da Van Gogh a Picasso e Bacon?

La prima cosa da dire è che Edmond non avverte la necessità artificiale di essere originale a tutti i costi. Pur conoscendo a fondo il lavoro dei grandi maestri, non cerca di “inventare” uno stile a tavolino, questo, semmai, è compito dei politici, non degli artisti. Edmond studia con rigore e curiosità: il tratto di Rembrandt, la luce dell’Impressionismo, la pennellata vibrante di Van Gogh, il divisionismo di Seurat, l’astrattismo, la pittura informale, il cubismo di Picasso, i décollage di Rotella, fino ai pixel dell’era digitale e informatica. Ma non si ferma lì.

Continua, instancabile, giorno e notte. Come un monaco che torna alla preghiera, Edmond ritorna sempre alla pittura, con umiltà e dedizione, fino a raggiungere un suo linguaggio, un suo stile, una sua identità.

Edmond sa bene che a un pittore non basta la competenza tecnica: serve molto di più.

C’è uns bella differenza tra un vero chef e chi si limita a preparare un dolce seguendo dosi e ricette già pronte. Edmond diffida delle formule, rifugge le soluzioni facili, rifiuta la mera gradevolezza estetica. Non cerca il “bello” che accarezza gli occhi ma non tocca l’anima: preferisce la verità del segno, anche quando è ruvida, imperfetta, scomoda.

Per sentirsi ancora più libero Edmond rinuncia al disegno, non vuole confini, cerca la freschezza e desidera non essere condizionato. Quando comincia a dipingere, il volto per lui è solo un pretesto; ciò che davvero lo interessa è il colore. L’anima è legata al colore, al suo mistero. Il suo percorso è un passaggio dal colore alla forma.

Edmond ripete spesso che tra un essere umano e un altro cambia poco, ma quel poco è tutto, e lui vuole trovarlo per vie dirette, attraverso la sintesi, perché ciò che è difficile deve farsi semplice. I grandi pittori, con pochi elementi, dicono tutto; i principianti, con troppi, non dicono nulla.

Edmond sa che ciò che non è necessario a un quadro è, per la stessa ragione, anche nocivo. Ogni colore deve conservare la propria identità. La bellezza non sta nell’assenza, ma nell’equilibrio dei contrasti. Per questo la sua pittura ricerca un’armonia di estremi. Pretende di trovare i colori freddi nei colori caldi e viceversa. Il suo occhio cerca il blu nell’arancione, il giallo nel viola, sempre mantenendo i rapporti e l’organicità.

Sono ormai anni che Edmond dipinge i suoi quadri non più con i pennelli, ma con spatole da lui stesso create e personalizzate. Mi ha sempre affascinato vederlo costruirle, disegnare su di esse il proprio profilo e poi ritagliarle con cura usando un bulino affilato, per dipingere infine il suo volto attraverso una serie di spatole di differenti dimensioni, a sua immagine e somiglianza.

Ogni suo autoritratto è formato da molti altri piccoli autoritratti, come se quelle spatole fossero il suo DNA pittorico. Una follia meravigliosa che racchiude un’idea di rara originalità e profonda forza concettuale.

Michelangelo diceva che la scultura vive già nel cuore del marmo, e che all’artista spetta soltanto il compito di liberarla dal superfluo.

Così anche gli autoritrattti di Edmond Dhrami sembrano esistere già nelle sue spatole, come presenze latenti in attesa di emergere.

A lui non resta che sfiorare la tela, lasciare le proprie impronte di colore, e rivelare ciò che era già lì, silenziosamente custodito.

Tutti i suoi autoritratti nascono dallo specchio, ma Edmond, per sfuggire alla semplice apparenza, sembra romperlo, come se gettasse un sasso nello specchio d’acqua che riflette il suo volto. Il riflesso si frantuma in frammenti di luce e colore, trasformando il ritratto in un mosaico di emozioni e sensazioni.

Sarebbe straordinario poter realizzare questa performance, filmarla e rivederla in rewind; sarebbe come osservare Edmond al lavoro, attraversare con lui il passaggio dal colore alla forma. Immaginatevi la scena…

Qualche giorno fa, parlando di pittura con Edmond, mi ha detto una cosa che non scorderò:

“Nei miei autoritratti cerco la mia identità, il mio respiro, la mia presenza, il mio odore. Vorrei arrivare alla mia anima senza dipingere la mia figura, creare un autoritratto senza ritratto, cogliere la mia essenza senza la mia fisicità, senza occhi, senza orecchie, senza naso… solo con il colore.”

Non posso aggiungere altro, se non grazie, Edmond, per la tua amicizia, per la tua arte e per la bellezza che ci regali.

Francesco Astiaso Garcia

Il Potere del Pittore

"Il pittore è padrone di tutte le cose che possono cadere in pensiero all’uomo, perciocché s’egli ha desiderio di vedere bellezze che lo innamorino, egli è signore di generarle, e se vuol vedere cose mostruose che spaventino, o che sieno buffonesche e risibili, o veramente compassionevoli, ei n’è signore e creatore. E se vuol generare siti deserti, luoghi ombrosi o freschi ne’ tempi caldi, esso li figura, e cosí luoghi caldi ne’ tempi freddi. Se vuol valli, il simile; se vuole dalle alte cime di monti scoprire gran campagna, e se vuole dopo quelle vedere l’orizzonte del mare, egli n’è signore; e cosí pure se dalle basse valli vuol vedere gli alti monti, o dagli alti monti le basse valli e spiaggie. Ed in effetto ciò che è nell’universo per essenza, presenza o immaginazione, esso lo ha prima nella mente, e poi nelle mani, e quelle sono di tanta eccellenza, che in pari tempo generano una proporzionata armonia in un solo sguardo qual fanno le cose."      Leonardo da Vinci 


Sposta i tuoi Orizzonti nel Verticale

Archiviato ogni legame trascendente, verso l'alto e verso l'altro, prigioniero del proprio individualismo, l'uomo moderno non trova più la bellezza in grado di scuoterlo dal torpore.

Si può desiderare una patria solo se si è in esilio, ma poi accade che l'esilio lo si chiama patria.
La bellezza ci ricorda che alle nostre esistenze qualcosa manca, qualcosa che non è possibile colmare con l'abbondanza materiale. La bellezza è legata all'amore, l'amore alla relazione.

Non è l'uomo che salva la bellezza; è la bellezza che salva l'uomo. Ogni uomo porta in se l'eternità, non credere alla grandezza della propria anima conduce alla disperazione. 


Cerco te, bellezza inafferrabile come un'ombra su una nuvola, ineffabile come il canto dentro alla conchiglia,
chi può contenere le onde e la marea?

La luce delle stelle che brilla oggi,
illuminerà il cielo buio domani;
Sposta i tuoi orizzonti nel verticale con me! 

DIARIO FOTOGRAFICO DI VIAGGIO: 























L' Opportunità Sovraumana del Genere Umano




Ho scelto di fare il pittore perchè dipingere significa ricordare al mondo che il mondo è bello, che dietro anche al più piccolo dettaglio si nasconde un ordine, un senso che non sempre riusciamo a vedere; la meraviglia non è tanto nelle cose guardate quanto negli occhi che le guardano.

Il cosmo è un canto di bellezza, che può essere innalzato da ogni uomo; ma questa liturgia cosmica è come attraversata da una dissonanza che ostacola sempre più l'uomo a scorgere la bellezza. 
La bellezza ci trasforma, se le permettiamo di parlarci, la sua travolgente potenza può condurci in nuovi spazi, a volte sembra chiederci di cambiare vita.

Ogni uomo è limitato nella sua natura e infinito nei desideri;
come un angelo caduto che ancora ricorda il cielo;
Creato né celeste né terreno affinché si possa superare,
affinché impari a sapersi fermare; Basta muoversi senza regole apparenti tra l' alterazione dei sensi, per accorgersi che le cose attorno a noi cambiano, si modificano in continuazione, per questo è importante non mettere radici, restare leggeri, attenti, in attesa dei brividi lungo la schiena. Esistono percorsi che si aprono spontaneamente ai nostri occhi, se siamo pronti a partire.

Non credere nella grandezza della propria anima, questo è l' ateismo. L'ateo riduce tutto ad un' esistenza fisiologica. Tuttavia ogni ateo o pagano, per quanto voglia far credere il contrario, cerca qualcosa di più.
Non c'è luna che possa brillare senza sole, anche qualora ne ignorasse l'esistenza.Il bisogno fondamentale dell' uomo è la bellezza; quanta poesia inespressa ci portiamo dentro?

La risalita dalla bellezza sensibile alla bellezza delle virtù,
delle realtà spirituali fino alla sorgente della Bellezza,
permette all'anima di essere sempre più bella, tanto da diventare simile a Dio. Questa è l'opportunità sovraumana del genere umano! Osservo le bianche mongolfiere, sono meduse fluttuanti nell'azzurro; ed io, immerso nello stesso azzurro, desidero salire a galla.

Scrive San Gregorio di Nissa:

"Ma sino a quando non potrà essere attuata questa ascesa al cielo, quale vantaggio può dare la conoscenza della felicità celeste? Non costituisce piuttosto un tormento e una delusione?...e perchè allora il Signore ci esorta a una cosa che supera la nostra natura e ci dà un precetto che va oltre le forze umane? 
Ma le cose non stanno così, perchè egli non comanda
di diventare uccelli a coloro che non ha fornito di ali."

Ha detto invece San Giovanni Paolo II:

"L'uomo non è lasciato solo a tentare, in mille modi spesso frustrati, un' impossibile scalata al cielo;
divino e umano s' incontrano in un abbraccio che non potrà mai essere sciolto.
Egli versa la divinità nel cuore malato dell' umanità e, infondendovi lo Spirito del Padre, 
la rende capace di diventare Dio per grazia."




Aggiunge Paul Poupard:


"La Rivelazione ci dice che sorgerà un mondo nuovo, dopo che sarà passata 
la figura di questo.
Noi sappiamo, il nostro cuore lo sa,
che le cose, così come sono, non sono ciò che dovrebbero essere. 
Sappiamo che non siamo quel che dovremmo essere.
Ma l' uomo non può oltrepassare se stesso con le sue sole forze.
L' avvenire assoluto, l' esistenza trasparente,
la prossimità con le cose, 
tutto ciò non può essere altro che un dono di Dio. 
E' di questa promessa che l' arte 
è testimone. Così ogni opera d' arte autentica è profezia di un compimento ultimo; la sua essenza è escatologica."

E per finire V. N. Losskij:

"Il fiore non è l' esito della volontà creatrice:
questi si deve sacrificare
per lasciar posto al frutto, che contiene il germe e il principio di un inizio eterno.
E' in virtù di questo sacrificio che l' arte,
essendo impastata con la materia, lo è di una materia imbevuta di Cielo, ed essendo espressione dell' uomo,
lo è di un uomo radioso di Spirito.
E' in questo movimento che si pone la novità 
dell' artista: rendere partecipe della vita divina l' umanità e, nel contempo, condividere con essa la profondità del suo limite."  

La nostra migliore risposta alla bellezza del mondo è la gioia e la gratitudine! La rivelazione divina non è solo oggetto di contemplazione, ma chiamata a una missione, invito a partecipare all'opera di Dio nella storia.
Agli uccelli hai donato i canti e loro te li rioffrono in cambio,
a me hai donato l'arte e bellezza ti rioffro in cambio.